Senza le imprese non si crea lavoro. Svolta o ci mobilitiamo

Furlan: Svolta o ci mobilitiamo

L’intervista  di Annamaria Furlan al Sole24Ore del 2 luglio 2019. La segretaria generale della Cisl alla vigilia dell’incontro dei sindacati con il governo.

Alla vigilia della convocazione dei sindacati a Palazzo Chigi, la leader della Cisl Annamaria Furlan, chiede al governo un «cambio di passo», in caso contrario il sindacato è pronto ad alzare il livello di mobilitazione: «Troppo spesso i temi industriali e le infrastrutture vengono sottovalutati o diventano motivo di scontro nell’Esecutivo e appaiono mirati alla ricerca di un consenso temporaneo. Bisogna voltare pagina per mettere al centro il lavoro, lo sviluppo e la crescita». A sostegno della piattaforma unitaria, da febbraio Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato scioperi generali di categoria (dopo edili e metalmeccanici, il 24 luglio tocca ai trasporti, il 26 ad Alitalia), manifestazioni nazionali (agroalimentari, pensionati, Pa), fino alla recente mobilitazione per il Sud.

Domani cosa vi aspettate dall’incontro con il premier Conte?
Ci aspettiamo risposte alle nostre mobilitazioni che hanno avuto un’ampia partecipazione. Nell’Esecutivo ormai c’è un atteggiamento di irresponsabilità, il mancato rispetto degli accordi mette a rischio migliaia di posti di lavoro, c’è un disimpegno per quanto riguarda l’economia reale, la produzione e l’industria nel nostro Paese. Penso all’Ilva, alla Whirlpool o ad Atlantia, dove non si valutano le conseguenze di alcune dichiarazioni. Ma senza le imprese non si creano posti di lavoro.

Quali priorità intende porre all’attenzione del governo?
Anzitutto lo sblocco delle infrastrutture, grandi e piccole ferme su tutto il territorio. Ogni giorno cresce la preoccupazione per la mancanza di una politica industriale, mentre aumentano i tavoli di crisi, siamo arrivati a 158 rispetto ai 138 di gennaio, che coinvolgono oltre 200mila lavoratori. Purtroppo non si trovano soluzioni per i tavoli aperti che riguardano tutti i settori, dalla manifattura al terziario ai servizi, e si aprono questioni che sembravano già concluse negli accordi e nei piani industriali. Un’altra priorità è la riforma fiscale che renda più pesanti le buste paga di lavoratori e pensionati, l’85% degli azionisti dell’Erario. Senza risposte proseguiremo nella mobilitazione, metteremo in campo tutti gli strumenti in nostro possesso finché il governo non cambierà politica.

Compreso lo sciopero generale?
Ripeto tutti gli strumenti, nessuno escluso. Dipende dalla risposta che avremo dal governo.

Qual è il suo giudizio sull’andamento dei tavoli di crisi al Mise?
Le vertenze vanno seguite in modo attivo, non ci può essere solo la soluzione degli ammortizzatori sociali che è importante ma non basta, serve una strategia industriale che finora è mancata. Vogliamo capire le soluzioni che ha in mente il governo sul sistema dei trasporti, in particolare su Alitalia. C’è preoccupazione per l’Ilva, dove sono stati annunciati 1400 cassintegrati non previsti dall’accordo firmato, e dopo la cancellazione dello scudo penale la nuova proprietà ha minacciato la chiusura dello stabilimento per settembre. Il governo deve fare chiarezza. C’è timore anche per la sanità, dove sono richiamati in servizio medici in pensione. Nella Pa la mancanza di personale crea un allarme per la quantità e la qualità dei servizi.

In vista della manovra chiedete una riforma fiscale ma la coperta è corta, specie se si vuole evitare l’aumento dell’Iva, senza dimenticare il rischio di procedura d’infrazione Ue.
Speriamo anzitutto che sia scongiurata la procedura di infrazione. Sono condivisibili molte critiche che arrivano dall’Europa sulla mancanza di investimenti per infrastrutture e crescita, l’abbandono del Sud. Bisogna evitare gli aumenti dell’Iva che sarebbero a carico di imprese e famiglie, trovando risorse per gli investimenti. La crescita dei consumi si deve realizzare attraverso un fisco amico del lavoro, con il taglio del cuneo per i lavoratori, come chiede anche Confindustria.

Lega e M5S, però, hanno individuato altre priorità, rispettivamente, la flat tax e il salario minimo.
Le sorti del Paese non possono dipendere solo dal confronto tra i due partiti di governo; al centro deve esserci la ricerca del bene comune, che in questa fase corrisponde alla crescita e al lavoro. Serve una riforma del fisco che premi i contribuenti del Paese, non va bene una tassa piatta che non realizza questo obiettivo. Sul salario minimo, abbiamo detto con chiarezza che per noi valgono i minimi tabellari dei contratti nazionali. Bisogna tutelare quel 15% di lavoratori che oggi non è coperto dalla contrattazione nazionale, definendo caso per caso i contratti di riferimento. Va prima sciolto il nodo della rappresentanza, per eliminare i tanti contratti “gialli” firmati da organizzazioni datoriali e sindacali non rappresentative. Per far ciò vanno attuati gli accordi da noi siglati con tutte le associazioni datoriali, fermi al palo per la mancanza della convenzione con l’Inps, che il ministero deve sbloccare.

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