Alla Fondazione Carisma 89 “posti liberi”. Parte la cassa per gli operatori

L’emergenza RSA, nell’emergenza coronavirus, assume ogni giorno dimensioni e contorni sempre più inquietanti. Dalle morti degli ospiti, in continua ascesa, anche in proporzione sul totale dei decessi, ai mancati rifornimenti di dispositivi di sicurezza, i fronti sindacali aperti oggi si “arricchiscono” di argomenti nuovi: la “Fondazione Carisma”, il Gleno per tutti i bergamaschi, che ha avviato la discussione sull’esubero del personale.

La riflessione di Giulio Pennacchia (Cisl Fp Bergamo):
Spaventa la naturalezza con cui si danno i numeri sull’emergenza coronavirus. A marzo si contano 600 ospiti deceduti nelle case di riposo bergamasche. Cifra che aumenta se consideriamo anche i mesi precedenti e l’inizio di aprile. Uomini e donne morti nella confusione clinica imputata per comodo alla loro età e ai malanni relativi! Nessun tampone eseguito per ordine della politica. Per timore dei risultati. Cosicché da questa incertezza imposta è nata l’epidemia che ha contagiato ospiti e personale.

Anche il Gleno non è da meno: al 7 aprile i posti liberi erano 89. Tra le cause i ritardi di chi è preposto nelle scelte da adottare. E poi dispositivi di protezione individuale che non arrivano, che forse secondo alcuni non servono, che non vanno usati perché intimidiscono gli ospiti. Grazie alla tenacia sindacale, a ricerche e donazioni, si è riusciti ad ottenere quanto spettante in termini di protezione.

I posti letto in meno determinano un minore introito economico e un relativo surplus di personale. Si comincia da educatori, animatori e fisioterapisti che se non riconvertiti dovranno essere collocati in cassa integrazione. Si aggiunge a ciò la carenza degli infermieri, i quali economicamente maltrattati migrano verso lidi più economicamente degni della loro professionalità.

Solo negli ultimi giorni, sono state spedite lettere a 25 tra fisioterapisti, educatori e animatori chiedendo di dare la disponibilità a mansioni “diverse e accessorie”, in caso contrario si apriranno le porte della Cassa Integrazione. Nel frattempo, una decina di infermieri ha preferito aderire al bando dell’ospedale Papa Giovanni XXIII per un posto a tempo determinato ma meglio pagato, impoverendo ulteriormente la professionalità della struttura.

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