Crisi, un patto su infrastrutture e politiche del lavoro

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Stiamo entrando nel primo autunno dell’era Covid, e questa volta le risorse ci sono. “risponde in questa intervista Francesco Corna, leader della Cisl bergamasca –, ma vanno spese tutte e bene. C’è anche il capitale umano, perché la validità dei nostri lavoratori è innegabile e proverbiale. Ora occorrono strategie locali. Le azioni da mettere in campo sono due e riguardano le persone e le infrastrutture. Servono responsabilità diffusa, disponibilità, volontà. Abbiamo tradizionalmente un buon rapporto di collaborazione, che ci può aiutare per trasformare una fase difficile e di cambiamento in nuove opportunità. E’ già successo e dobbiamo riuscirci“.

In una situazione difficile gli interventi mirati risultano decisivi.
Serve uno sforzo comune per programmare investimenti pubblici e privati orientati a favorire una ripresa più sostenibile dal punto di vista ambientale, che abbia al centro non le rendite, ma la valorizzazione del lavoro, le esigenze delle persone e delle aziende. Per fare questo non bisogna eliminare alcune norme che tutelano il lavoro. Servono, viceversa, regole condivise e rispettate da tutti. Inoltre, occorre finanziare con soldi pubblici solo le aziende che rispettano regole e contratti: basta finanziamenti a pioggia per tutti, indistintamente. Finita l’emergenza, c’è la necessità di essere selettivi, ed è ciò che serve ad un vero sviluppo. Ne hanno bisogno i lavoratori e le aziende sane e rispettose delle regole, che nel nostro territorio sono la stragrande maggioranza.

Nonostante il blocco dei licenziamenti, il quadro resta problematico anche da noi.
Tra marzo e giugno, nel pieno impatto dell’epidemia, abbiamo avuto 29.268 assunzioni (-40% sul corrispondente periodo del 2019) e 40.018 cessazioni (-17,3% tendenziale) con un saldo complessivo tra ingressi e uscite di -10.750 rispetto al +414 tra marzo e giugno dell’anno scorso. Continuano a diminuire le trasformazioni a tempo indeterminato dei contratti temporanei, mentre tendono ad aumentare coloro che non cercano lavoro anche per effetto del Reddito di cittadinanza. Si stanno sommando più dati negativi e il mercato occupazionale si restringe. La produzione manifatturiera, nel secondo trimestre, è scesa del 20%. L’urgenza è quella di definire un Patto locale con due gambe: le infrastrutture e le politiche attive del lavoro, tanto più che nei Centri d’impiego della provincia stanno per arrivare 132 nuovi assunti. Per politiche attive intendo soprattutto conciliazione vita-lavoro, servizi per le lavoratrici, alternanza scuola-lavoro, formazione.

Per le infrastrutture siamo al dunque.
In Camera di Commercio, anche con il Tavolo Ocse, si sta lavorando bene. Parliamo di opere in parte giù finanziate: il trenino, il collegamento assolutamente necessario fra Treviglio e Bergamo per ricondurre il satellite della Bassa dentro la nostra realtà, la stretta finale sull’interporto, problema aperto da almeno 30 anni.

In cima all’agenda, però, c’è la questione lavoro.
E’ la più importante e urgente. Noi sollecitiamo le controparti a riprendere il dialogo sulla base del Patto per la fabbrica. Sulla conciliazione vita-lavoro, va bene l’assegno unico per il figlio. Finalmente se ne discute a livello governativo, tuttavia non basta per invertire il trend della denatalità. I genitori  lavoratori vanno sostenuti sia fuori dai luoghi di lavoro, con la creazione di servizi per assistenza dei figli che attraverso la contrattazione della conciliazione vita-lavoro in azienda.

Lo smart working è la novità imposta dal Covid: a che punto siamo?
E’ diffuso soprattutto nella pubblica amministrazione e nella parte impiegatizia dell’industria privata e dei servizi. A fine settembre è in agenda una iniziativa del Tavolo Ocse. Il lavoro da remoto, però, va inserito in un ragionamento complessivo da contrattare, perché impatta con modalità inedite sulla vita delle persone, sul territorio e quindi sulla mobilità, sul commercio. Lo smart working ha parecchi profili e va analizzato in profondità: può essere un’opportunità nel contesto dello sviluppo sostenibile, ricordando comunque che il lavoro non è isolamento, ma partecipazione, collaborazione, interazione. Poi non possiamo allentare la guardia sui protocolli della sicurezza nei luoghi di lavoro, perché la pandemia non è finita: su questo versante il dialogo deve restare aperto.

Nel frattempo è stato messo il silenziatore all’alternanza scuola-lavoro.
Un tema che ci sta a cuore e utilizzato molto nella Bergamasca, ma ora s’è un po’ perso in sede governativa. Un peccato. Va ripreso, perché abbiamo alle spalle vicende significative e strutture produttive importanti. Lo stesso vale per la formazione: prima del Covid avevamo fatto accordi innovativi in tal senso ed è un cammino da riprendere e da estendere. Il richiamo alla responsabilità di tutti è d’obbligo, e lo è soprattutto nella allocazione delle risorse a beneficio dei giovani, visto che stiamo caricando il debito pubblico sulle loro spalle.

E poi c’è la Cassa integrazione.
Qui ci sono troppe parole in libertà. Oggi è quanto mai necessario e utile, per i lavoratori e per la comunità locale, sostenere lavoratori e aziende: sappiamo per il nostro vissuto che quando un sito chiude, non riparte più. L’esperienza vissuta con la Cassa integrazione in deroga, partita dalla Val Seriana per arginare la crisi del tessile, ha dimostrato l’adeguatezza di tale ammortizzatore sociale: mantenere il patrimonio di competenze produttive e salvaguardare i posti di lavoro sono fattori rivelatisi strategici per la tenuta del sistema.

Regole condivise e rispettate da tutti, diceva all’inizio: a cosa si riferiva?
Le regole condivise sono il cuore del nuovo Patto sociale, che è il nostro orizzonte. Penso, per esempio, all’edilizia che potrebbe avere un certo sviluppo. Regole buone per ripartire, per evitare i due mali del settore: le infiltrazioni malavitose e gli infortuni, che purtroppo continuano ad esserci. Sediamoci al tavolo e discutiamo un grande piano complessivo. Noi già da ora ribadiamo che non deve essere eliminato il Documento unico di retribuzione contributiva, cioè lo strumento che contribuisce ad eliminare la piaga del lavoro nero dai cantieri.

Nel frattempo si sta scaldando il clima attorno ai tanti contratti di categoria da rinnovare.
Regole e buon lavoro, tutto si tiene. Sollecitiamo i datori di lavoro a rinnovare i contratti e in questo contesto diventa emblematico il capitolo della sanità privata, che peraltro ha ricevuto tanti finanziamenti pubblici. Tutti ricordiamo gli ‘eroi’ di questo universo, ma la memoria non può essere così corta: va continuamente coltivata. Nella Bergamasca la sanità privata occupa circa 2.500 lavoratori che da 12 anni aspettano il nuovo contratto. A giugno era stata raggiunta una pre-intesa, poi il negoziato è saltato. Sono inoltre in attesa di rinnovo 6.000 lavoratori grafici con un contratto scaduto da 5 anni, 1.400 delle telecomunicazioni con contratto scaduto da 3 anni, 4000 lavoratori del legno, 65.000 metalmeccanici industria e artigiani, 2.000 alimentaristi, 15.000 lavoratori dei multiservizi e 1200. della vigilanza. Una difficoltà in più per una emergenza che invece va affrontata tutti insieme, senza scorciatoie.

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