Corna: “La sanità è una priorità nella spesa pubblica”

Corna: "La sanità è una priorità nella spesa pubblica"

In riferimento all’articolo del direttore Aberto Ceresoli comparso su L’Eco di Domenica 9 febbraio “Se il malato è paziente rimane a casa sua” nel quale fa un’analisi del nostro sistema sanitario, ritengo utile aprire un dibattito rispetto al rischio reale che sta correndo il nostro sistema sanitario in generale e lombardo in particolare.

Settore quello della sanità fondamentale per un paese democratico avanzato tra i pochissimi al mondo che lo hanno reso universale nel 1978 con il servizio sanitario nazionale, permettendo che ogni persona ricca o povera venisse curata nello stesso modo, ha permesso al nostro paese di estendere la prevenzione a tutti e di raggiungere livelli invidiabili nella lotta alle malattie e al contempo favorendo lo sviluppo di cure e interventi innovativi e sviluppando inoltre un sistema industriale biomedico, una delle poche eccellenze italiane.

Sicuramente è presente una carenza di risorse economiche e umane che stanno mettendo a rischio il sistema, il quale per mantenere un livello qualitativo all’avanguardia necessiterebbe di investimenti con un aumento annuo stimato almeno al 6% annuo, per far fronte al maggior costo delle innovazioni tecnologiche e degli aumenti retributivi.

L’andamento della spesa sanitaria reale nel nostro pese (dati Ragioneria generale dello Stato) è stato di +7.4% dal 2001 al 2005, di un + 3,1% dal 2006 al 2010 e di un aumento solo dello 0,% dal 2011 al 2017. Dobbiamo sottolineare che la gran parte dei mancati incrementi si sono tradotti in maniera negativa direttamente su personale determinando carenze di organici, elevando l’età media, bloccando gli aumenti contrattuali e demotivando la principale risorsa su cui si poggia il sistema di tutela della salute.

Aumenta continuamente la spesa a carico dei cittadini, spesa diretta come visite private e degenze in strutture a pagamento, aumenta l’intervento dei fondi sanitari integrativi. Oggi esistono più di 300 fondi con 10.616.000 aderenti che forse andrebbero monitorati e messi sotto controllo da un’autorità terza, per evitare una mercificazione e uno spreco di risorse che potrebbero scaturire da logiche assicurativo finanziarie, visto che sono agevolati dal punto di vista fiscale

A livello lombardo la legge 23 del 2015 di riordino del sistema socio sanitario, partita con dei propositi condivisibili per favorire un maggior dialogo tra i sistemi socio-sanitari, sanitari e sociali, organizzando una presa in carico dei pazienti-utenti a livello territoriale, si è scontrata con la difficolta di confronto con i medici di medicina di base. Inoltre il difficile coordinamento tra sociale in capo ai comuni e il sanitario in capo alla regione e l’assenza di strutte a livello decentrato, come le aggregazioni di medici, i presidi ospedalieri territoriali POT hanno ulteriormente contribuito Ora siamo in una fase di stallo e si fa fatica a intravedere un reale riordino e coordinamento tra i vari sistemi.

Riferito al tema risorse dobbiamo per prima cosa dire che il nostro sistema lombardo è uno dei più efficienti a livello mondiale ma che anche qui nella nostra regione si è sempre più in difficoltà, aumenta continuamente la compartecipazione, mentre l’invecchiamento della popolazione ha determinato un aumento di malattie croniche e di malati con più malattie contemporaneamente. Tutto ciò oltre al costo delle degenze nelle Residenze Sanitarie Assistenziali sta mettendo in serie difficoltà soprattutto i più deboli, a tal proposito noi sosteniamo da tempo l’esigenza di istituire un fondo nazionale, anche di natura mutualistica, per sostenere economicamente le famiglie con anziani che diventano disabili.

Dobbiamo però a mio avviso darci delle priorità anche in termini di spesa pubblica, ritengo che il servizio sanitario universale sia senza dubbio una di queste priorità. Spendiamo per la sanità pubblica in Italia 113 miliardi all’anno e per il gioco d’azzardo 106 miliardi, e nel contempo i depositi bancari degli italiani sono raddoppiati negli ultimi 10 anni (dati Abi)

Pertanto le risorse si possono trovare, ma soprattutto dobbiamo considerare la sanità, non come costo, ma come investimento in salute e benessere delle persone e in crescita economica del nostro paese, partendo dal rilanciare la formazione e il riconoscimento delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità che si occupano spesso con mille difficoltà e disagi in maniera encomiabile del nostro benessere.

Lo stiamo sperimentando in questo difficile frangente di emergenza derivato dal coronavirus. Avere a disposizione un impianto organizzativo adeguato con risorse e presidi certi permette agli operatori della sanità di operare in sicurezza e evitare rischi di contagio nonché di garantire ai pazienti l’osservanza dei protocolli previsti. Non sempre è così. La narrazione dei nostri delegati di questi giorni ne dà testimonianza. Un’evidenza che è una sorta di monito a non lasciar decantare l’attenzione verso la nostra sanità. E’ un fatto di etica civile al quale non possiamo prescindere.

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