L’immigrazione genera un decimo del PIL provinciale

L'immigrazione genera un decimo del PIL provinciale

Partiamo da due dati: il tasso di natalità italiano è dello 0,73%, mentre il tasso di sostituzione europeo (la misura di quanto capitale umano serve per sostituire quanti muoiono) si attesta a 2,1%. È scontato che con questi numeri la nostra economia, come  anche la società,  abbia bisogno degli immigrati.  Su questo Candida Sonzogni, Segretaria provinciale Cisl Bergamo, non ha dubbi:Non limitiamoci a guardare all’immigrazione come un puro e semplice fatto di sbarchi pur in tutta la loro drammaticità. Il numero di immigrati è da tempo stabile, se non in diminuzione. Piuttosto  cerchiamo di capire perché un numero sempre più  crescente di ragazzi e  ragazze anche del nostro territorio cercano un futuro altrove”.

Agricoltura, industria e servizi (soprattutto badantato) sono i settori occupazionali che più vedono la presenza di stranieri. Nell’ultimo anno si contano 35.364 avviamenti e 34.420 cessazioni. Dal 2014 a oggi sono state attivati 153.734 contratti, con un saldo positivo di 7.417 posti stabilizzati. In provincia di Bergamo, il 68% della popolazione straniera è ormai stabile (questo ha portato anche a oltre 4.000 concessioni di cittadinanza), e grazie ai quasi duemila nuovi nati del 2018, la decrescita demografica orobica è meno drammatica.

Gli immigrati rappresentano il 9% dei residenti, ma diventano l’11% dei contribuenti e il 17% dei contribuenti per lavoro dipendente. Il loro apporto è decisivo per la stessa sostenibilità economica dei servizi comunali, visto che producono, su quanto dichiarato al fisco, circa un decimo del PIL provinciale. Secondo i dati del MEF sui redditi 2017 e la proiezione di quelli del CAF CISL, i lavoratori stranieri pagano un’imposta netta su reddito da lavoro dipendente di oltre 177 milioni di euro; contribuiscono con addizionali regionali per 16 milioni e mezzo, e con quasi 6 milioni di addizionali comunali, dichiarando un ammontare di reddito complessivo di quasi un miliardo e mezzo di euro (sui poco più di dieci miliardi complessivi dei dipendenti residenti).

Ma, allo stesso tempo, nell’accesso ad alcune prestazioni sociali, ad alcuni servizi, e nel mercato del lavoro sono soggetti a criteri di accesso più stringenti. Un esempio? Gli stipendi medi dei lavoratori stranieri sono pari a 1.193, rispetto ai 1.713 euro della media generale: il 31% in meno. Rispetto agli italiani, per gli stranieri è più elevato sia il tasso di occupazione (61,2% contro 58,2%) sia quello di disoccupazione (14,0% contro 10,2%). Dei 2,45 milioni di occupati stranieri – il 10,6% di tutti i lavoratori in Italia, secondo i dati Istat – due su tre svolgono professioni non qualificate o operaie e solo 7 su 100 occupano ruoli qualificati. Il 34,4% dei lavoratori immigrati risulta sovraistruito per il posto occupato, a fronte del 23,5% degli italiani. 

Una mano al PIL bergamasco gli stranieri la danno anche dal punto di vista imprenditoriale: nel primo trimestre 2019, erano 8.927 le imprese attive con proprietà non bergamasca, con un saldo attivo di 316 unità, contro una perdita generale di 769 imprese nell’ultimo biennio. Le imprese straniere nel commercio all’ingrosso e al dettaglio sono pari al 31,5% del totale delle imprese straniere. Al secondo posto ci sono le imprese nel settore costruzioni (25,1%) e al terzo attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (10,5%), seguito dal settore manifatturiero (9,7%).

Questi dati dimostrano come il tema dell’immigrazione e quello dello sviluppo siano in realtà strettamente connessi – sostiene Sonzogni .- È necessario quindi mettere in campo tutte le risorse e gli strumenti possibili per costruire un’autentica integrazione, nella consapevolezza che questa è certamente una questione etica, ma allo stesso tempo di vitale importanza per il nostro tessuto economico e sociale. Tutto ciò però può essere possibile solo uscendo dalle facili generalizzazioni con le quali troppe volte viene affrontato il tema, a tutti i livelli”

“Riteniamo – conclude Sonzogni –  che meritino attenzione anche i problemi dei lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti e delle loro famiglie nell’accesso al mercato del lavoro, nella ripartizione dei servizi di welfare e di come tutto ciò definisca le politiche e le pratiche di convivenza anche a partire dalla chiusura degli ingressi per lavoro perché questo è ciò di cui come sindacato possiamo avere conoscenza, competenza e rappresentanza”.

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