Nieri (Fim Cisl Bergamo) spiega la piattaforma per il rinnovo del contratto metalmeccanici

piattaforma per il rinnovo del contratto metalmeccanici

C’è una piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Ci spieghi come si arrivati a questa unità d’intenti?
Sicuramente, l’ultimo rinnovo unitario ha aperto delle piste, ma soprattutto degli spazi di dialogo che ci hanno portato sempre di più a dei confronti propositivi. Tutto ciò anche mettendo in campo uno sforzo non indifferente di arrivare a delle sintesi che mettessero insieme le posizioni delle tre organizzazioni sindacali. Questo tenendo conto delle difficoltà che oggi il settore metalmeccanico porta con sé. Difficoltà che necessitano di una strategia unitaria per rafforzare l’azione del sindacato e avere una maggiore incidenza in tutta la fase di trattativa. Per cui in questo rinnovo (anche se con qualche difficoltà dovuta ad una discussione abbastanza lunga) siamo riusciti ad individuare una posizione unitaria che stiamo presentando in questi giorni ai lavoratori.

L’obiettivo primario?
Parlerei più di obiettivi primari. Per quanto concerne la parte salariale quest’anno ci presentiamo con delle richieste abbastanza robuste in termini di quantitativi. Certamente, la parte più caratterizzante è quella normativa, nella quale (un po’ dando continuità a quanto avvenuto nel precedente rinnovo) cerchiamo di portare avanti tutta una serie di strumenti utili a industria 4.0. Penso, soprattutto, alla formazione continua: le famose 24 ore per ogni lavoratore. Poi, nel rinnovo ci occupiamo di diritti sindacali in maniera abbastanza corposa dove si cerca, comunque, di favorire momenti di confronto e di partecipazione tra aziende e sindacati. Infine, ci occupiamo anche di competenze. Sono tutti elementi che in una logica di industria 4.0 e rivoluzione del settore sono utili per far fare quel salto di qualità alle nostre imprese.

153 euro di aumento, un 8% in più. E’ corretto?
E’ un 5% in più. Se noi dovessimo utilizzare quelle che sono state un po’ le regole e le modalità con cui abbiamo rinnovato i precedenti contratti noi dovremo fare delle richieste intorno al 3,2%, ovvero l’inflazione prevista nel prossimo triennio. Cerchiamo di andare oltre questa percentuale con il tentativo di andare a redistribuire quella che è la ricchezza e la produttività che le aziende hanno generato soprattutto con l’ausilio e il contributo dei lavoratori. Ricchezza e produttività che purtroppo non abbiamo avuto la possibilità di redistribuire, in maniera abbastanza diffusa e universale, in tutte le aziende.

Una bella sfida convincere le imprese…
Credo che in Italia, oggi, esista un problema salariale determinato sostanzialmente da quello che è poi una nostra incapacità, in un certo qual modo, di allargare la contrattazione di secondo livello. In effetti, in tutti questi anni siamo rimasti a malapena a un 34% delle imprese che applicano la contrattazione di secondo livello. Poi c’è circa un 66% delle imprese dove non si fa questo tipo di discussione. Credo che oggi cercare di mettere al centro un problema salariale, spiegando alle imprese che i lavoratori hanno contribuito in maniera significativa a questa crescita, diventa fondamentale. Ma non solo. Perché se da una parte dobbiamo cercare di far capire che il lavoratore è parte attiva e gli va riconosciuto comunque qualcosa in più di quanto ha prodotto, dall’altra parte è anche vero che le imprese negli ultimi anni hanno usufruito di tutta una serie di incentivi e agevolazioni – diciamo così statali – che sono frutto anche della contribuzione che ogni lavoratore paga quando versa all’erario la sua parte. Tutto ciò mette nelle condizioni le imprese di dover redistribuire qualcosa. Non sarà sicuramente semplice perché al di là delle richieste che andiamo comunque ad avanzare c’è una situazione non delle più floride legata al settore.

Cioè?
Il settore ha avuto un forte rallentamento nell’ultimo anno. Purtroppo sono ripartiti gli ammortizzatori sociali. Dunque il contesto di riferimento renderà la trattativa un po’ più complicata. Detto questo, le difficoltà non ci spaventano e quindi proveremo comunque a portare avanti e a realizzare un risultato che può essere utile per i lavoratori.

Rispetto al contratto oggi in vigore c’è qualcosa da migliorare?
C’è tantissimo da migliorare. Noi abbiamo fatto un bellissimo contratto nel 2016. Però molte parti sono state comunque disattese dalle imprese e non hanno avuto la giusta realizzazione nei vari contesti lavorativi. Per esempio, un punto fondamentale riguarda il diritto soggettivo alla formazione. E’ stata una novità assoluta che poneva al centro per la prima volta quelle che erano le competenze del lavoratore. Soprattutto inseriva il diritto che queste competenze venissero periodicamente rivalutate e ci fosse una crescita. Purtroppo anche in una provincia virtuosa come quella di Bergamo sono state poche le aziende che hanno investito in questa direzione. Noi dobbiamo ritornarci sopra. Questo è un ingrediente fondamentale anche in prospettiva futura che può far fare un salto di qualità alle nostre imprese attraverso, appunto, una valorizzazione delle competenze ma soprattutto anche in una prospettiva dove una crescita delle competenze può dare un valore aggiunto alle imprese stesse. Quindi noi dobbiamo inserire un meccanismo che renda effettivamente esigibili queste 24 ore di formazione sulla totalità dei lavoratori. Questo è un aspetto fondamentale che va migliorato.

Poi c’è anche la questione dell’inquadramento professionale
Certamente. Significa godere di un sistema oggettivo che misuri le competenze e le mansioni dei lavoratori dando una giusta retribuzione. Credo che sia un atto dovuto nei confronti dei lavoratori stessi. Oggi l’attuale inquadramento è dato 1973. Occorre tener conto dell’evoluzione maturata nel nostro settore sia dal punto di vista organizzativo (e delle mansioni stesse) e al tempo stesso tecnologico: oggi tanti mestieri non si fanno più. Dunque, quel meccanismo che era innovativo nel 1973 non riesce più in maniera oggettiva a misurare e quindi a retribuire in maniera adeguata le mansioni. Tutto ciò dà grosso margine alle imprese nell’erogare in maniera unilaterale, o in alcuni casi anche clientelare, quote salariali che non tengono conto, appunto, di quanto si fa. Un altro aspetto che bisogna toccare riguarda i giovani che sono esclusi dal mondo del lavoro. Noi oggi stiamo pensando di inserire nel nostro rinnovo contrattuale la staffetta generazionale dove i lavoratori prossimi alla pensione possono far spazio ai più giovani attraverso dei percorsi di affiancamento.

Il welfare in busta paga funziona?
Si, funziona. Credo che tutto sommato i lavoratori hanno apprezzato quello che è il flexible benefit, quindi la possibilità di avere uno strumento che fino a quest’anno era di 200 euro annuali (esente da tassazione) che di acquistare buoni carburante o il carrello della spesa. C’è stata un po’ di difficoltà all’inizio in quanto non tutti conoscevano il funzionamento, ma poi, presa confidenza con lo strumento, è stato valutato positivamente un po’ da tutti i lavoratori. Infatti, quest’anno lo stiamo riproponendo nella nostra piattaforma innalzando lo strumento al limite massimo previsto dalla legge che è di 250 euro. Oggi, poi, quando si parla di welfare non si parla semplicemente di flexible benefit.

Cosa va rilanciato in maniera significativa?
Metasalute (il fondo di sanità integrativa dei metalmeccanici) e Cometa (il fondo di previdenza integrativa dei metalmeccanici). Metasalute è uno strumento veramente importante in quanto tutto il costo è a carico delle imprese e soprattutto la tipologia di prestazioni che il fondo garantisce è molto interessante e che spazia un po’ a tutela di tutto l’ambito della salute. L’unica questione che dobbiamo sostanzialmente migliorare è il funzionamento che non è stato dei migliori in quanto la gestione del fondo purtroppo ha determinato tutta una serie di difficoltà burocratiche di accesso che in alcuni casi hanno reso le prestazioni meno fruibili. 

E Cometa?
Su questo fronte  forse c’è maggior delusione. Cometa è stato costituito nel 1997 e purtroppo, oggi, c’è una adesione (sul milione e mezzo di lavoratori metalmeccanici) di circa 400.000 associati. Vuol dire che siamo intorno al 30%. Ci sono tanti lavoratori che non conoscono l’esistenza del fondo o che oggi preferiscono non iscriversi. Tenendo conto che in prospettiva nei prossimi anni, con il cambio del sistema di calcolo pensionistico i più giovani andranno in pensione con un 50% dell’ultimo stipendio, diventa fondamentale costruire uno strumento alternativo che possa integrare quella che è la mancanza della copertura del sistema pubblico. E tenendo conto che le pensioni integrative non si costruiscono dall’oggi al domani, bensì nel tempo, credo che tanti lavoratori si stanno giocando un’opportunità di una tenuta economica decorosa raggiunta la pensione. Quindi, dobbiamo rilanciare Cometa, spingere maggiormente nel far comprendere quello che sarà il futuro pensionistico dei più giovani e soprattutto il livello di tutela che un fondo di questo tipo può dare.

Farlo diventare obbligatorio?
E’ una delle tante ipotesi su cui stavamo ragionando negli anni. Una discussione molto lunga che non ha mai visto le tre organizzazione sindacali in linea.

Nel finalizzare la piattaforma il governo può darvi una mano?
Questo onestamente non lo so. Penso, però, che il protagonismo del sindacato e di Federmeccanica deve potare le parti a trovare delle soluzioni da soli. Perché quando poi arriva il governo significa che le trattative sono lunghe, ci sono sostanzialmente dei nodi che non sono stati risolti e tante volte le mediazioni che il governo pone non accontentano mai nessuno. Quindi la via maestra è trovare soluzioni in tempi rapidi con ore di sciopero contenute. Va da sé che quando subentra il governo in un certo qual modo i soggetti preposti hanno fallito.

Il contributo della Fim Bergamo alla realizzazione della piattaforma?
Noi ci siamo confrontati all’inizio di quest’anno all’interno della delegazione della Fim cercando di sottolineare quelle che secondo noi erano un po’ i problemi che riscontravamo nelle aziende e che richiedevano una risposta specifica. Ad esempio, noi abbiamo spinto molto sull’aspetto della malattia cercando un po’ di allargare quelle che sono le tutele. Come Bergamo poi abbiamo insistito sul funzionamento del Fondo Metasalute e soprattutto sulla questione della formazione. Sono aspetti che “abbiamo gestito” riscontrando all’interno dei nostri luoghi di lavoro una forte sensibilità. Tutto ciò richiede delle risposte un po’ più specifiche.

Recentemente a Cologno al Serio come Fim (insieme a Cisl Bergamo e BiblioLavoro) avete presentato il libro di Giorgio Caprioli “Roma non mi piace“. Quale lezione trai per la Fim di oggi?
Giorgio Caprioli ha creato quella consapevolezza e quell’identità fimmina che prima di lui non era ancora presente. Con gli accordi separati noi abbiamo avuto la consapevolezza che non solo riusciamo a portare delle ottime idee, ma che siamo in grado di portarle fino in fondo. Questa identità, questo orgoglio fimmino li ha creati Giorgio. Dobbiamo essere orgogliosi del salto di qualità che è riuscito a dare.

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