Ritrovare la dimensione umana del lavoro

primo maggio 2019

La sfida culturale di oggi è ritrovare la dimensione umana del lavoro come elemento di cittadinanza, di partecipazione e inclusione. Oggi alcuni teorizzano il futuro senza lavoro, vivendo di sussidi pubblici sostenuti dalla tassazione dei robot che lavoreranno al posto nostro. I sussidi pubblici, ovviamente, servono solo per permetterci di comprare ciò che le macchine producono. Questa prospettiva potrebbe apparire allettante: noi saremmo solo dei consumatori, mentre la fatica del lavoro l’assumerebbero le macchine. Questa visione parte dall’assunto che il lavoro serve solo come elemento di reddito, perché oggi ha valore solo ciò che si può misurare  attraverso un prezzo.

Quindi il lavoro non è un percorso di relazione tra le persone, non è un percorso di crescita personale, non è uno strumento di autonomia e di emancipazione, non è la continuazione della creazione per i credenti, non è uno sforzo collettivo dove ognuno può fare delle scelte che determinano il proprio futuro e quello della società- Questa visione del mondo priva di valori va ribaltata totalmente con una nuova visone che metta al centro la persona nel lavoro, un nuovo umanesimo del lavoro quindi per affrontare l’era dei robot. Il lavoro deve essere vissuto come impegno collettivo di coesione e inclusione sociale.

Includere i giovani che sono la migliore ricchezza che possiede il nostro paese: possiedono l’intraprendenza necessaria per tracciare nuove strade di cui il nostro paese ha un estremo bisogno. Inclusione del lavoro femminile per migliorare il lavoro e favorire la natalità le donne in Italia spesso si trovano ancora a dover scegliere l’alternativa tra lavoro e famiglia. Serve una vera politica straordinaria di sostegno alla natalità, servizi e sostegni economici duraturi che permettano di scegliere i e investire nel vero progetto di futuro che sono i figli. Occorre una vera politica organizzativa  in ogni azienda che favorisca la conciliazione tra lavoro e famiglia per madri e  padri.

Inclusione verso chi è stato espulso dal lavoro durante la crisi cercare lavoro a 45- 50 anni significa ritrovarsi non più giovane ad elemosinare un lavoro, spesso trovando solo impieghi saltuari, regolati da contratti pirata che aumentano la categoria che si sta maggiormente diffondendo anche nel nostro paese: quella dei cosiddetti lavoratori poveri. Da tempo sosteniamo l’esigenza di dare la possibilità di sottoscrivere contratti nazionali  solo a chi rappresenta realmente lavoratori e aziende, purtroppo nel frattempo i contatti nazionali nel periodo della crisi si sono più che raddoppiati passando da poco più di 400 a 880; tutti con diritti e retribuzioni inferiori a quelli firmati da Cgil Cisl e Uil.

In generale il lavoro deve essere valorizzato maggiormente pertanto serve ottenere una più equa distribuzione della ricchezza creata tra capitale e lavoro. In questi ultimi anni la globalizzazione e le politiche economiche neoliberiste hanno aumentato la divaricazione tra valore aggiunto distribuito al lavoro e quello remunerato al capitale. Chi detiene i mezzi economici ha potuto godere delle migliori opportunità offerte dai vari paesi, incrementando i profitti utilizzando un lavoro sempre meno costoso, proveniente da paesi privi di un sistema protezione sociale, tutele ambientali e diritti sindacali, spesso pagando tasse irrisorie nei paesi dove vendono i prodotti finiti, così facendo hanno indebolito lavoratori e cittadini sottraendo risorse al welfare. Questa tendenza va invertita altrimenti l’aumento delle diseguaglianze porterà all’inasprimento dei conflitti e all’imbarbarimento delle relazioni, in particolare nei paesi avanzati. Per contrastare questa tendenza dovremmo creare alleanze con i paesi Europei più avanzati dal punto di vista sociale.

Anche i singoli stati devono fare la loro parte per diminuire le diseguaglianze, riducendo le tasse sul lavoro e sulla famiglia, eliminando l’evasione e l’elusione fiscale, che sottrae risorse da utilizzare per la spesa sociale-pubblica. Ricordiamo che nel nostro paese, campione in Europa, l’evasione fiscale ammonta a 150 miliardi di euro all’anno. La grande sfida oggi all’inizio dell’era dell’interazione uomo-macchina è la sfida della valorizzazione della persona, per un lavoro sempre più umano, basato sulla conoscenza e la salvaguardia dell’ambiente e le aziende che valorizzeranno le persone saranno quelle più competitive nel futuro. Il mondo del lavoro è stato in Italia un promotore di sviluppo, benessere, uguaglianza ed emancipazione per tutti contribuendo a creare uno sviluppo che ha saputo mettere insieme  ricchezza e solidarietà. Per il movimento sindacale confederale e per noi della Cisl in particolare, anche in futuro la sfida sarà quindi ancora più forte per mettere al centro della nostra azione la  persona: giovani, anziani, lavoratrici, lavoratori e pensionati! Quindi buon Primo Maggio a tutti: nessuno escluso.

(Francesco Corna, Segretario Generale Cisl Bergamo)

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