Telecomunicazioni, oggi lo sciopero nazionale

Telecomunicazioni, oggi lo sciopero nazionale

Oggi per i lavoratori delle telecomunicazioni è la giornata dello sciopero nazionale. Protestano e incrociano le braccia perché non vogliono più sentire parlare di tagli dell’occupazione e dei salari, di gestioni che non fanno gli interessi di chi lavora (ma solo quelli di fondi di investimento o gruppi finanziari esteri) e perché considerano insopportabile l’idea di essere il fanalino di coda europeo nella strategica rivoluzione digitale in corso. 

La deriva in atto rischia di affossare il comparto e di avere serie ricadute per l’occupazione anche sul territorio bergamasco hanno dichiarato Terry Gattoni di FISTEL CISL e Lorenzo Martinelli di SLC CGIL di Bergamo -. Nella nostra provincia i lavoratori del comparto sono circa un migliaio. La preoccupazione è per le grandi compagnie, che qui sul territorio sono rappresentate da TIM e WIND3. Gli addetti di quest’ultima hanno aderito in maniera consistente all’ultimo sciopero del 4 maggio. I rischi ricadono, però, anche sulle ditte d’installazione TLC e sui numerosi call center di varie dimensioni che dipendono dalle commesse dei grandi player e che vedono la loro marginalità in riduzione costante”.

Per partecipare alla manifestazione in corso a Roma, in piazza Santi Apostoli, da Bergamo è partita una delegazione di sindacalisti e delegati. A livello nazionale sarebbero a rischio oltre 20 mila posti di lavoro nel solo perimetro delle grandi società, senza calcolare gli effetti generati nell’intero sistema degli appalti del settore.

Da anni assistiamo a un processo per cui il mercato brucia ricavi e provoca un lento e inesorabile stillicidio occupazionale, che ha praticamente dimezzato la forza lavoro dei maggiori gestori italianiproseguono i due sindacalisti -.  Negli ultimi 15 anni si è proceduto a un continuo ricorso ad ammortizzatori sociali, esodi incentivati, tagli nella contrattazione aziendale, perdite di professionalità importanti e blocco pressoché totale del ricambio generazionale. La direzione imboccata di recente, quella di dividere le infrastrutture di rete dai servizi, è miope perché pensiamo che impoverirà ancora di più il settore, trasformando aziende leader in meri rivenditori di servizi, i cui azionisti di riferimento non sono neanche italiani. In un contesto iper-competitivo, le aziende dovranno continuare a rivedere al ribasso la struttura della spesa, andando a colpire il costo del lavoro e dunque l’occupazione”.

Duro è anche il giudizio dei sindacati sull’operato delle istituzioni pubbliche:Lo Stato non sta svolgendo alcun ruolo di regolazione, non vediamo nessun intervento strutturale che possa dare stabilità al settore rilanciando un asset che è strategico per il sistema Paese – concludono i rappresentanti di FISTEL e SLC provinciali. Da mesi a livello nazionale si assiste a un surreale tavolo tecnico presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy, nel quale è però assente la voce dei rappresentanti dei lavoratori”.

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