Poche ore, poche competenze, stipendi bassi. Il lavoro povero a Bergamo

lavoro povero a Bergamo

L’analisi di Danilo Mazzola, segretario della CISL di Bergamo, parte dai numeri che il mercato del lavoro del nostro territorio e dalle sue proiezioni che hanno disegnato anche per i prossimi mesi. “Ogni lavoro  – precisa Mazzola – ha la propria dignità, ma è innegabile che esistano lavori poveri, dettati dalla bassa professionalità, che portano a creare lavoratori poveri, in balia di un mercato che non li valorizza a sufficienza e che quindi pur lavorando rischiano di creare sacche di povertà sociale sempre più significative”. 

Tra le entrate previste fino al prossimo maggio (come emerge dalla ricerca Excelsior), infatti, in circa un terzo dei casi (28% degli ingressi) non è richiesta alcuna competenza o titolo di studio adeguato. Si tratta di impieghi nella logistica, come facchini, corrieri, pulizia e assistenza. Sono contratti il più delle volte precari, spesso con poche ore lavorate e distribuite sulla giornata, turni e mansioni pesanti e retribuzioni contenute.

Inoltre, sempre secondo Excelsior, solo il 25% verrà assunto con un contratto a tempo indeterminato, il resto avrà contratti a tempo determinato (47%), di apprendistato (3%), in somministrazione (16%) o di collaborazione (4%). Nel 5% dei casi saranno lavoratori non dipendenti. Il livello di povertà del lavoro è dato anche dal sempre maggiore ricorso al lavoro a tempo determinato e dove i contratti a parti time sono aumentati del 109% dal 2007 al 2019, in aumento anche nei contratti a tempo indeterminato del 43%. “In tanti casi il part time non è una scelta nell’ottica della conciliazione di vita e lavoro, ma è solo una opportunità di lavoro”, aggiunge Mazzola.

La polarizzazione del lavoro – continua Mazzola – allarga sempre più la forbice tra lavoro qualificato e no. Il lavoro, la sua qualità e la sua quantità, cambiano la vita delle persone. La differenza spesso si manifesta tra un lavoro svolto perché piace e soddisfa e la necessità di lavorare per vivere. L’esigenza di lavori più professionalizzati sta spostando l’asticella verso impieghi che vengono scelti e per il quale ci si è formati. I dati Excelsior per la nostra provincia ci dicono che per il 72% le professioni richieste nei prossimi mesi saranno di laureati (che non si trovano), diplomati e con qualifica professionali”.

Il sindacato di via Carnovali, anche in preparazione al proprio congresso, sta ponendo l’attenzione a come questa situazione si stia gradualmente modificando, per capire come il territorio e la sua economia cambiano e come variano il livello di benessere e di povertà delle persone che lo vivono.

L’appuntamento congressuale sarà un momento importante per fissare le nostre proposte per identificare e valorizzare il lavoro del futuro – prosegue Mazzola -.  Serve un confronto serio e vero sul Recovery plan, occasione unica per rilanciare il lavoro, la nostra economia e la qualità di vita. Pesano le tante vertenze ferme al Mise, che coinvolgono anche nel territorio bergamasco molti lavoratori, convinti che si possano intraprendere percorsi di riconversioni con soluzioni innovative, costruendole  con il dialogo sociale e con la volontà a credere nell’industria.  Certo non è così semplice, passiamo dal lavoro partecipato (o almeno si tenta) con l’esperienza di Stellantis, al lavoro di Amazon dove si fatica a rappresentare i lavoratori almeno nel ruolo di regolatori (ritmi, carichi di lavoro e salute e sicurezza)”.

Il lavoro del futuro va pensato in ottica di sostenibilità e di economia circolare, in un vortice che coinvolga economia, ambiente e  welfare, perché la sostenibilità sociale post covid non reggerà senza quella economica e ambientale.

Intanto Mazzola guarda alla scadenza del blocco dei licenziamenti, quando decine di migliaia di posti di lavoro entreranno nella spirale della ripartenza “ancora troppo indecisa. Oggi il lavoro si tutela con il blocco dei licenziamenti e il prolungamento degli ammortizzatori fino al termine dell’emergenza, convinti che il tempo aiuta l’occupazione e anche le imprese.  I disoccupati che si creeranno andranno accompagnati con politiche del lavoro personalizzate, che rompano il dualismo con gli ammortizzatori sociali. Formarsi deve convenire di più della cassa integrazione, perché dobbiamo puntare a una formazione che porti all’occupabilità delle persone. In questo – conclude il segretario Cisl Bergamo -, il ruolo della scuola, e soprattutto delle scuole professionali, diventerà strategico per riequilibrare domanda e offerta presenti nel nostro territorio”.

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