In provincia di Bergamo, secondo la proiezione fatta dall’Osservatorio Socio-economico della CISL, da qui al 2035 la popolazione totale calerà di circa 40mila unità, mentre quella anziana vedrà crescere la sua incidenza di oltre 10 punti percentuali.
“L’eredità che ci lascia l’epidemia di marzo e aprile ci deve portare a programmare un’assistenza territoriale diversa e più confacente ai bisogni di famiglie e anziani – dice Caterina Delasa, segretaria generale FNP CISL Bergamo – . Anche in presenza di virus così invadenti, l’aspettativa di vita cresce, ma aumentano gli anziani malati e malati gravi. Se guardiamo al futuro, sappiamo che le generazioni prossime saranno composte da un numero sempre minore di figli, con stipendi più bassi. Come potranno queste famiglie, da sole, farsi carico dei loro anziani?”.
Oggi, il territorio orobico conta più di 170mila ultrasettantenni e (conti del 2019) la spesa delle famiglie per la cura e l’assistenza agli anziani più o meno non autosufficienti sfiora i 750 milioni di euro all’anno. Ogni anziano in RSA, infatti, ha un costo medio di 21.750 € anno. Per chi non riesce (la lista d’attesa pre-covid a Bergamo superava la media di 100 persone per ogni RSA) o per chi non vuole utilizzare il ricovero del proprio parente, resta l’opzione badante: tra città e provincia, a Bergamo sono registrati contratti per quasi 12.000 badanti. La stima vorrebbe che il doppio lavori in nero. Ciò comporterebbe una spesa media di 17.000 euro all’anno.
“La Regione Lombardia – continua Delasa – non versa la quota sanitaria prevista per legge, che dovrebbe essere pari al 50% della retta totale. Dovrebbe essere quindi di almeno 50 euro al giorno, ma è invece al di sotto. Per gli anziani con una classificazione Sosia più grave arriva al massimo a 49 euro, ma per gli altri è molto più bassa, da 29 a 39 euro. E così le rette per le famiglie sono sempre più care”. Le riflessioni di Delasa seguono la presentazione ufficiale del tradizionale report RSA che FNP CISL Lombardia pubblica annualmente. L’ultimo, con dati aggiornati al 31 dicembre 2019, certifica che Bergamo è, dal profilo percentuale, tra le province meno fornite di posti in RSA in base alla popolazione ultra 65enne. Solo Brianza e Milano hanno una percentuale minore.
Secondo il tradizionale report condotto da FNP CISL Lombardia, a Bergamo ne sono state monitorate 65, con 6222 posti letto. Dal 2014 a oggi, i posti letto autorizzati nelle RSA bergamasche sono aumentati di 327 unità, perdendone invece una settantina rispetto al 2017. Quelli accreditati (6.127) sono cresciuti di 605 posti, e in questo caso il trend è in continua crescita da 6 anni a questa parte. Infine, i contrattualizzati (5.437) hanno perso circa 30 unità rispetto a tre anni fa.
“L’invecchiamento progressivo della popolazione italiana è un fenomeno ampiamente noto. I dati evidenziano un trend che, nel prossimo futuro, vedrà la crescita della popolazione anziana a tassi significativi (+54% degli over 75, +62% degli over 85); insieme a un aumento di 3 anni dell’età media. Si amplierà il numero delle persone sole e senza figli, si assisterà ad un incremento del 14% dei nuclei famigliari monopersonali e delle coppie; si prevede inoltre che nel 2050 il 40% degli over 75 vivrà solo. Inoltre le stime nella nostra provincia indicano in circa 60.000 le persone con più di 65 anni che hanno limiti funzionali e che necessitano di cure e assistenza; di questi, circa 20.000 sono uomini e 40.000 sono donne. Tolti i 6000 ospiti delle RSA e i 30.000 affidati a una badante, ne restano 24.000 circa assistiti da familiari, con aiuti e sostegni economici irrisori. Manca una legge nazionale “cornice” che entri nel merito della non autosufficienza, dei servizi minimi da garantire e di come garantirli. Non è possibile che nel secondo Paese più vecchio al mondo si continui a rimandare il tema della vecchiaia e della non autosufficienza. È giocoforza, dunque – conclude la segretaria FNP –, che la via maestra per il prossimo futuro sarà quella di migliorare l’assistenza domiciliare”.