Oltre al dato della denatalità, quello delle dimissioni di mamme e papà nei primi tre anni di vita dell’erede, è un’evidenza che caratterizza il nostro territorio. In un anno, in provincia di Bergamo, si è passati da 1.322 a 1.425 dipendenti che si sono dimessi, 1.071 lavoratrici e 3.54 lavoratori. “Da qualche anno a Bergamo – spiega Francesco Corna, Segretario Generale di Cisl Bergamo – ci si straccia le vesti per la sempre più scarsa natalità. Ma quello che manca non è la voglia di fare bambini, quanto la capacità di “resistere” al lavoro e non far mancare ai figli assistenza e presenza”. L’assenza di parenti che possano dare una mano, i costi di asilo nido e baby sitter, gli orari di lavoro e la distanza dal luogo di lavoro spingono molte persone a lasciare l’occupazione.
Non è una sorpresa, ma lo scrive nero su bianco la relazione dell’Ispettorato del Lavoro, nella sua relazione annuale. Le cause rilevate dall’Ispettorato, a livello nazionale, riguardano soprattutto l’incompatibilità tra l’occupazione lavorativa e le esigenze di cura della prole (36%). Poi, si fanno sentire sia l’assenza di parenti di supporto (27% del totale), sia l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato, ad esempio asilo nido o baby sitter (7%), senza dimenticare il mancato accoglimento al nido (2%). Meno quelli che esprimono motivazioni connesse alla situazione dell’azienda di appartenenza, corrispondenti al 18% del totale. In questo caso, la voce prevalente è relativa all’organizzazione e alle condizioni di lavoro particolarmente gravose o difficilmente compatibili con la cura dei figli. Non è facile ottenere il part-time: accordi di questo tipo, secondo le statistiche, stati concessi soltanto in una caso su cinque.
“Una volta verificato che non ci siano violazioni, e quindi che le dimissioni siano effettivamente volontarie, – continua Corna – va detto che se le convalide aumentano significa che le politiche, sia pubbliche che aziendali, non sempre permettono ai genitori di dedicarsi serenamente al lavoro e alla famiglia. Quindi bisogna cambiarle, anche attraverso la contrattazione di secondo livello”. A sorpresa, aumenta il numero dei padri che lasciano il lavoro dopo un figlio. Nel 2017, a Bergamo e provincia, sono stati 333, lo scorso anno 354.
“Il calo demografico è conseguenza di questa situazione – precisa Corna -. Non facciamo più figli anche perché non possiamo permetterci di abbandonare il lavoro. Per garantire un futuro alla nostra società bisogna creare condizioni economiche e normative a sostegno di maternità e paternità, partendo dal rimuovere tutti gli ostacoli, economici e normativi, ancora esistenti. Anche le aziende devono evolvere culturalmente. Un genitore che non ha problemi nella cura della prole, lavora meglio e produce di più”.
Corna rimarca come i vari governi che si sono succeduti non hanno purtroppo affrontato in maniera adeguata il tema della natalità ed anche il governo attuale, nella legge di Bilancio, ha rimandato a un futuro indefinito iniziative strutturali in grado di offrire un reale sostegno a quei cittadini che, continuando di fatto a contare solo sulle proprie forze, mettono al mondo dei figli, compiendo sul fronte personale un gesto tanto naturale quanto coraggioso e, nella sfera sociale, di grande responsabilità civile.
“Ci auguriamo – conclude Corna – che negli incontri in programma a livello nazionale si inizi ad affrontare concretamente il tema drammatico del calo della natalità, con sostegni economici e strutture adeguate. A livello provinciale proponiamo un tavolo permanente per la famiglia, al quale partecipino associazioni e istituzioni, con l’obiettivo di coordinare le politiche locali volte ad aiutare le famiglie per sostenere la natalità”.