Jobs Act, non basta dire no

Le iniziative che la CISL ha messo in campo in questi giorni (e altre ancora ne seguiranno) vogliono palesare l’identità di un sindacato che non ha paura di confrontarsi con le proprie proposte sui temi fondamentali per lo sviluppo e l’occupazione del nostro Paese.  La nostra è una valutazione prettamente sindacale articolata nel merito dei problemi che esprime i propri “si” e i propri “no”… 

… prescindendo da ogni  schieramento partitico. Le posizioni (rispettate) degli altri sindacati corrono il rischio di essere impregnate della dinamica dello scontro politico “Renzi-Landini-Camusso”. Una speculazione tutto interna all’area di sinistra che elude il merito delle questioni.

Tutto questo rischia di allontanare una parte importante del movimento sindacale dalla strada maestra della contrattazione e dell’autonomia che rimane per la CISL l’elemento fondamentale per esprimere un sindacalismo confederale capace di rinnovarsi e interpretare in modo nuovo il bisogno di rappresentanza e di tutela negli anni drammatici della crisi.

E’ sui contenuti e sulla concretezza che occorre stare in campo con la determinazione e con il coraggio della proposta. Fare di tutta l’erba un fascio attorno al Jobs act, dipingendolo semplicisticamente come un attacco a diritti e tutele dei lavoratori, è sbagliato.

E’ da anni che il sindacato propone strumenti per far costare di meno il contratto a tempo indeterminato, superare le forme di lavoro più precarie, rendere universali gli ammortizzatori sociali e i sostegni alla disoccupazione, incentivare politiche del lavoro che offrano un effettivo sostegno verso l’occupabilità di chi è disoccupato. Il Jobs act va in questa direzione. Sicuramente è da migliorare e, per alcuni aspetti, modificare, attraverso un  confronto stringente sui decreti attuativi. Dovrebbe, però, rappresentare una sfida per un sindacato che intende rappresentare tutta la realtà del lavoro facendosi interprete di chi è senza occupazione oppure sconta una condizione di precarietà professionale. Un “no” a prescindere dal merito rischia davvero di confinare il sindacalismo confederale in un arroccamento conservatore, perdente e colpevole di gravi ingiustizie soprattutto sull’universalità delle tutele.

Dovremmo tutti domandarci se rappresentiamo effettivamente chi è più debole e marginalizzato, le migliaia di persone senza occupazione, una nuova soggettività del lavoro presente soprattutto nei giovani, il cambiamento positivo dato da una crescente femminilizzazione del lavoro.

Certo, il lavoro non si crea soltanto legiferando sul mercato del lavoro. Servono politiche mirate alla crescita e allo sviluppo in grado di dare una scossa all’economica e invertire la tendenza in atto.  Se da un lato vanno valutati positivamente gli interventi sul versante dei redditi da lavoro dipendente e l’intervento sul costo del lavoro attraverso l’Irap, ciò che veramente manca nella manovra economica sono gli interventi sugli investimenti e su una politica industriale mirata in grado di far ripartire il Paese e creare nuova occupazione.

Su questo occorre aggiungere l’altra partita vera.  Se vogliamo davvero cambiare l’Europa di questi anni, l’Europa dell’austerità e del Fiscal compact, per una Europa che punti alla crescita e allo sviluppo rivisitando, ma mantenendo il proprio modello universalistico di welfare, il sindacalismo non può stare alla finestra. Deve mobilitarsi per un deciso cambiamento di rotta.

L’unità sindacale, anche nelle visioni diverse di oggi, rimane un valore importante. La CISL proporrà iniziative su temi decisivi come quelli relativi all’urgenza di affrontare la previdenza attraverso una modifica della “legge Fornero” per una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione, una  raccolta firme per una legge di iniziativa popolare per la riforma fiscale,  una rivisitazione del modello contrattuale per un più deciso decentramento della contrattazione.  Oggi il sindacato si misura e costruisce consenso sociale attorno a proposte chiare, definite e articolate. Un sindacato, in sostanza, che sceglie le sue priorità. Con la concertazione è finita anche la stagione delle piattaforme sindacali generali e spesso generiche, utili sicuramente per le sintesi unitarie, ma poco incisive soprattutto nei risultati verso lavoratori e pensionati.

Ferdinando Piccinini (Segretario Generale CISL Bergamo)


 Jobs Act: scheda di lettura e commento della Cisl Nazionale

 

 

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