Avanti piano con Mercatone Uno

Avanti piano con Mercatone Uno

Di più non è stato detto, ma sembra che una decina di manifestazioni di interesse abbastanza concrete nei confronti della catena di Mercatone Uno ci siano state. Lo hanno comunicato ieri i tre commissari liquidatori al tavolo di crisi convocato al Ministero dello Sviluppo economico per risolvere la situazione dell’insegna di arredamento a prezzi popolari che ha cessato le attività lo scorso maggio lasciando da un giorno all’altro gli oltre 1.800 lavoratori occupati in dodici regioni italiane senza lavoro, una cinquantina quelli impiegati nel negozio di Verdello.

C’è tempo fino a fine ottobre per partecipare al bando per la vendita del gruppo mentre la cassa integrazione scade il 31 dicembre.

Al tavolo, i sindacati hanno chiesto la proroga degli ammortizzatori sociali in attesa che chi prenderà in mano la situazione presenti un piano industriale, parli di riorganizzazione futura e della riapertura dei negozi. “La salvaguardia occupazionale – sottolinea Terry Vavassori, segretaria Fisascat Cisl Bergamo, che segue la crisi dell’azienda – deve essere garantita certamente per i lavoratori di tutti i punti vendita, ma servono atti immediati, prima di tutto da parte del MISE. I risultati presentati ieri dai commissari non sono certo tali da permetterci particolari entusiasmi su possibili soluzioni positive: i feedback ad oggi ricevuti, infatti, dicono che solo il 10% dei contatti ha prodotto riscontri positivi; nel 19% sono negativi. Niente che possa togliere dalla testa dei lavoratori ancora in attesa di sviluppi la preoccupazione riguardo il loro futuro. La scadenza che pende sulle teste di 6000 persone e il prossimo 31 dicembre: la nostra grande paura è che il tempo si sta facendo sempre più stringente, e all’orizzonte non sta spuntando alcunché di rassicurante”.

Il problema è il tempo – continua Vavassori – che comporta lo scadere dei contratti d’affitto, oltre che il rischio di recesso anticipato  di altri contratti di locazione,  perché da troppo tempo inattivi. La chiusura che dura da troppo tempo è un enorme cambiale sul futuro di tutti i punti vendita, e provocherà inevitabilmente una ricaduta occupazionale estesa su tutta le rete, anche dove le dichiarazioni d’interesse si concretizzassero, cosa ad oggi non certa. Sollecitiamo il MISE a porsi in un ottica più   sociale e non solo in quella di meri contabili tesi solo a gestire in modo standardizzato una crisi aziendale anomala e di questa portata”.

Intanto, tramite Adiconsum, qualche decina di clienti ha presentato domanda di “insinuazione al passivo”, ovvero la richiesta che il credito venga conteggiato nel passivo dell’azienda fallita, permettendo così più ampie possibilità di recupero. “Era l’ultima  possibilità per essere rimborsati – precisa Mina Busi, Presidente di Adiconsum Bergamo -, dopo aver diffidato il curatore dall’adempiere alla consegna di quanto  acquistato.  Il rito fallimentare permetterà di capire quali e quanti sono i creditori e a quanto ammonta il debito. Il 22 ottobre 2019 è previsto l’esame dello stato passivo da parte del Giudice”.

Potrebbe piacerti anche

Archivi

Categorie

Tags: ,

Altri post simili