Ditta milanese condannata per discriminazione verso una lavoratrice in stato interessante

Prima si pagano i lavoratori presenti, poi quelli in malattia e solo alla fine le maternità”. Questa affermazione, che sembrerebbe la voce di un “padrone” del secolo scorso, è stata invece e purtroppo pronunciata a fine 2022 da un’azienda milanese, “specializzata nella produzione di prodotti in carta cartone” e le è costata, all’esito di un giudizio antidiscriminatorio promosso da una dipendente in stato di gravidanza, una condanna per discriminazione.

La donna, che da quando aveva comunicato all’azienda il proprio stato interessante, aveva iniziato a non essere più retribuita con regolarità, si è rivolta all’Ufficio Vertenze CISL e, con l’assistenza dello Studio Legale Venturati e Biffi di Treviglio, ha così ottenuto in via d’urgenza una pronuncia del Tribunale di Milano che ha ravvisato nel comportamento datoriale una chiara discriminazione ai sensi dell’art. 25 comma 2bis del Codice delle Pari Opportunità.

“L’affermazione della societàsi legge nel Decreto del Tribunale di Milano, firmata dal giudice Paola Ghinoy – è assolutamente idonea a far presumere, in termini precisi e concordanti, l’intento discriminatorio nei confronti della ricorrente che, in ragione del fatto che è lavoratrice madre in congedo obbligatorio, viene retribuita per ultima (o addirittura, nel caso, non viene retribuita), ponendola così, senza dubbio, in una «posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori.”

La società è stata così condannata a pagare alla lavoratrice le indennità di maternità arretrate, nonché a risarcirle il danno non patrimoniale sofferto “per aver vissuto il periodo della gravidanza, quello del parto e quello successivo alla maternità in uno stato di preoccupazione per la situazione economica che le ha impedito di vivere serenamente”.

Il ‘Codice delle Pari Opportunità’ , che tutela la discriminazione tra i due sessi e promuove la parità tra uomo e donna nel mondo del lavoro – spiega Alberto Citerio, direttore dell’Ufficio Vertenze CISL di Bergamo -, è una norma molto importante, che ci allinea con i paesi europei più avanzati, ma poco conosciuta e poco praticata nel Diritto del Lavoro; addirittura ci risulta che a Bergamo non ci sia stata ancora una sentenza emessa sulla base dei principi del decreto. Il Giudice, proprio facendo applicazione dei principi di questa normativa, ha stabilito che devono essere valutati come motivi discriminatori anche lo stato di gravidanza, lo stato matrimoniale ed il puerperio,  che sono criteri ‘aggiuntivi’ rispetto alla semplice appartenenza al genere femminile”.

“Un aspetto molto importante riguarda l’onere della prova, che in quest’ambito è attenuato: in presenza di fatti che fanno presumere una discriminazione, tocca al datore di lavoro dimostrare che i comportamenti messi in atto non siano discriminatori. Con procedura d’urgenza e in tempi brevissimi,  il Giudice ha ordinato la rimozione immediata degli effetti della discriminazione, condannando l’azienda al pagamento immediato delle mensilità mancanti ed al risarcimento del danno non patrimoniale considerato che la condotta dell’imprenditore  ha fatto sì che la lavoratrice e la sua famiglia abbiano vissuto il periodo della gravidanza e della maternità in uno stato di grave preoccupazione per la condizione economica, che gli ha impedito di vivere serenamente. Le discriminazioni sui luoghi di lavoroconclude Citeriosono più frequenti di quello che possa sembrare; non è facile individuarle, ma gli strumenti per la tutela contro le discriminazioni e la promozione del lavoro femminile ci sono

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