Da Bergamo 5000 firme alla Regione per un cambio di passo nelle Rsa

cambio di passo nelle Rsa

I segretari regionali di SPI CGIL, FNP CISL e UILP UIL hanno consegnato nelle mani di presidente e assessore al welfare di Regione Lombardia le prime firme raccolte sulla proposta del sindacato pensionati “perché le RSA diventino luoghi dove vivere serenamente la vecchiaia”. A Bergamo, in questa prima fase, sono state raccolte quasi 5000 firme, contribuendo decisamente al buon andamento della campagna regionale.

Continueremo a farlo,  perché il tema ha assunto grande urgenza  dopo quanto è stato drammaticamente vissuto a  Bergamo, in modo particolarmente violento in queste strutture dicono i segretari provinciali dei sindacati dei pensionati, Caterina Delasa (FNP) Augusta Passera (SPI), Emanuele Dalfino e Roberto Pezzotta (UILP) -. Abbiamo sostenuto con convinzione questa raccolta firme perché c’è bisogno dell’attenzione di tutta la comunità e delle istituzioni   per avviare il cambiamento di tutta la sanità territoriale che si intreccia fortemente con il tema dell’invecchiamento della popolazione e della non autosufficienza. In provincia ci sono 65 RSA in cui risiedono più di 6.000 anziani e sono coinvolti circa 20. 000  famigliari, ma è un problema che riguarda da subito  tutti, giovani e meno giovani. Le  RSA  sono strutture necessarie, insostituibili quando le condizioni dell’anziano non sono più gestibili a domicilio (ormai la  media di permanenza in queste strutture è di circa 12 mesi),  perciò  devono essere in grado di erogare un servizio sanitario e assistenziale altamente qualificato e la copertura delle rette da parte della Regione deve arrivare almeno  al 50%, per non riversare sulle famiglie un onere che è prima di tutto della collettività”.

Gli obiettivi della proposta sono riassunti in 8 punti chiari che hanno a che fare con la trasparenza dei dati, degli esiti di cura e delle rette, ma anche  con le visite dei famigliari in sicurezza, “condizione che non deve essere pretesto di un  isolamento inopportuno e incomprensibile,  quando invece la situazione attuale consentirebbe che queste strutture siano parte integrante della comunità , aperte anche al volontariato che può rappresentare lo sguardo e l’aiuto della comunità locale al lavoro del personale, un personale che deve essere adeguato nel numero e sempre più nella formazione che i nuovi bisogni richiedono”. 

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