I bisogni del Paese sono i grandi assenti dalla crisi di governo

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L’intervista di L’Eco di Bergamo a Annamaria Furlan (Segretaria Cisl nazionale) protagonista il 27 gennaio 2021 (ore 10 sui profili social della Cisl Bergamo) di un colloquio con il vescovo di Bergamo, Mons. Francesco Beschi, attorno all’enciclica di Papa FrancescoFratelli Tutti” declinato con il titolo “Un nuovo patto di inclusione contro la logica dello scarto”. Modera Silvana Galizzi, vice caporedattore Eco di Bergamo. (Scarica la locandina)
 

L’intervista di Franco Cattaneo

«Bergamo è la sede giusta per discutere dell’Enciclica di Papa Francesco»: lo spiega in questa intervista Annamaria Furlan che, nel pieno della crisi di governo, affronta anche l’impatto delle emergenze sociali. La leader nazionale della Cisl interviene domani mattina dalle 10 alle 12, in dialogo con il vescovo Francesco Beschi, sull’Enciclica «Fratelli tutti». Il dibattito, moderato da Silvana Galizzi, vice caporedattore de «L’Eco di Bergamo», è in streaming sui profili Facebook e YouTube della Cisl di Bergamo.

Segretaria Furlan, lei in più occasioni, richiamandosi a questa Enciclica, ha ribadito la necessità di rimettere al centro la persona e il lavoro.

«Senza dubbio, ed è il Papa a richiamare le priorità della persona, del lavoro e soprattutto della fraternità, concetto fondamentale in questo momento. La fratellanza è impegnativa: significa essere responsabili del bene comune e vivere le differenze anche come arricchimento. Esattamente il contrario di quanto sta avvenendo in tante parti del mondo. Si tratta di un appello forte, anche per chi si occupa di politica e di sindacato, a lavorare per il bene comune. Bergoglio indica un profilo di comunità, che è il contrario di quello egoistico e individualista che sta caratterizzando da tempo le nostre società. Il riconoscimento del pluralismo delle identità trova nella fraternità e nella solidarietà un modello sociale assolutamente indispensabile».

Chiama in causa anche l’agire dell’universo sindacale.

«Papa Francesco definisce le parti sociali “costruttori di pace sociale” e “artigiani di pace sociale”. Ritengo che il nostro ruolo si debba incardinare in queste importanti parole. L’Enciclica ci indica obiettivi sul lavoro, sul rispetto della persona e dell’ambiente: dovremmo leggerla attentamente, nella consapevolezza di tradurre nella pratica quotidiana gli indirizzi del Pontefice».

Il dialogo fra lei e il vescovo avviene nella cornice di Bergamo, di cui si conoscono le sofferenze per il Covid.

«È una terra che ha pagato terribili prezzi al Covid, ma che ha anche dimostrato capacità e slanci solidaristici veramente straordinari. Bergamo, quindi, è il luogo giusto e coerente per discutere dell’Enciclica, per farla nostra. Rappresenta un solco umanistico preciso su cui impegnarci. Dialogare e includere, ecco la forza del richiamo papale. È ciò che non è avvenuto con la globalizzazione che abbiamo fin qui conosciuto. Ha ragione il Santo Padre: è mancata la globalizzazione dei diritti. Ecco allora la necessità dell’inclusione contro la logica dello scarto, come indica anche il titolo del colloquio con monsignor Beschi. Lo scarto si consuma pure quando non riconosciamo negli altri l’essenza del nostro vivere. Il Pontefice lo afferma in modo diretto. Mi hanno colpito alcuni passaggi dell’Enciclica decisamente attuali rispetto a quel che stiamo vivendo, ad esempio la caduta del senso di responsabilità. Da qui avverto l’urgenza della fratellanza, che ci vuole responsabili degli altri nel nostro agire: un valore sia come testimonianza sia come operosità».

Dalla responsabilità alla necessità di un patto sociale, come chiesto dai sindacati, il passo è breve.

«Il patto sociale, che nasce dal concetto di concertazione, non è una parola vuota. È un appello alla responsabilità per il bene comune: significa condivisione di obiettivi, impegni reciproci, partecipazione alle scelte, coesione sociale. Una strada di dialogo e di democrazia economica, un modo indispensabile di concepire i rapporti fra governi e parti sociali. La concertazione ha salvato il Paese nei momenti più critici, e lo abbiamo visto con Ciampi e Prodi. Oggi ce ne sarebbe molto bisogno. Da sempre proponiamo un patto sociale, un’alleanza forte che coinvolga governo, Regioni, attori sociali, e la crisi lo rende ancora più impellente. Il Recovery Fund è una possibilità straordinaria per cambiare l’Italia e dare un futuro alle giovani generazioni: queste risorse vanno spese bene fino all’ultimo euro. Altrimenti la storia non ce lo permetterebbe e, soprattutto, le future generazioni non ce lo perdonerebbero».

Lei ha detto di vedere nel dibattito politico la mancanza di attenzione ai bisogni reali dei cittadini.

«E lo ribadisco. Seguiamo con grande rispetto, e ci mancherebbe, il dibattito attorno alla crisi di governo, però i grandi assenti sono i bisogni immediati del Paese. All’emergenza sanitaria si sta affiancando quella economica nei risvolti produttivi, occupazionali e sociali. Abbiamo bisogno di messaggi che uniscano, non di spaccature. Dobbiamo uscire molto velocemente da questa crisi di governo. Non tocca a noi indicarne la formula, tuttavia serve concentrarsi sulla gestione dei fondi europei, sul bisogno assoluto del prolungamento della Cassa Covid e del blocco dei licenziamenti per tutti i settori, su un piano straordinario per la distribuzione dei vaccini a tutti. Dobbiamo fissare insieme le priorità sulla destinazione dei finanziamenti europei per evitare le fughe in avanti dei singoli ministeri e la confusione che rischia di disperdere gli interventi. Significa costruire finalmente nuove infrastrutture per rendere più sicura la vita delle persone, investire nella digitalizzazione del Paese, visto che in Italia le famiglie coperte dalla banda larga sono il 30%: vuol dire che il 70% dei territori è tagliato fuori dalla civiltà e dal progresso. Servono risposte qui e ora, non si possono aspettare i tempi lunghi di una crisi. Tanto più che in un Paese stanco e sfiduciato, sotto stress per la pandemia, la crisi economica potrebbe tradursi in primavera in centinaia di migliaia di licenziamenti. Occorrono un’iniezione di fiducia e un progetto Paese, superando gli egoismi: il messaggio deve essere questo».

I conti, almeno per la sanità, potrebbero tornare con il via libera al Mes?

«Il Recovery Fund ha aumentato le risorse per la sanità, ma è ancora insufficiente. In tutte le occasioni possibili abbiamo ricordato che negli ultimi 15 anni sono stati tagliati alla sanità 38 miliardi (organici, ricerca e soprattutto nei servizi sul territorio) e compiute scelte sbagliate. L’imperativo è rafforzare la sanità pubblica. Anche per questo il Mes sanitario va assolutamente utilizzato, uscendo da questo dibattito asfittico e inconcludente».

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