La sanità privata batte cassa nell’emergenza. Sciopero dei lavoratori il 18 giugno

Non ci avevamo mai creduto al fatto di essere eroi o angeli. E ci dava anche un po’ fastidio l’etichetta. Il nostro lavoro è sempre stato questo e continuerà ad esserlo. I ringraziamenti e il sostegno della cittadinanza, degli esercenti e dei benefattori ci hanno fatto davvero tanto piacere e, in alcuni momenti, ci hanno dato una grande energia positiva e una grande motivazione a non mollare. Adesso che l’emergenza sanitaria sembra assumere dimensioni più gestibili, le lavoratrici e i lavoratori della sanità privata si vedono beffati e traditi, nel peggiore dei modi, dalle associazioni datoriali che rappresentano le proprietà aziendali.

Lunedì 11 maggio, a livello nazionale, era prevista la procedura di conciliazione presso il Ministero del Lavoro: clamorosamente fallita. La trattativa per il rinnovo contrattuale, atteso da 14 anni, che stava continuando da due anni e mezzo, fra alti e bassi, ha subito l’ennesima battuta di arresto. L’obiettivo è chiaramente quello, per i datori di lavoro, di portare a casa ancora più risorse pubbliche, nella fattispecie risorse regionali, quindi prelevate dai cittadini. Un atteggiamento vergognoso, inaccettabile e lesivo della dignità dei 77.000 lavoratori della sanità privata italiana, 15.000 dei quali nella sola Lombardia (dato AIOP 2017).

In Lombardia il business del privato in sanità è ancora più marcato che altrove, infatti il privato eroga per nome e per conto di Regione Lombardia, prestazioni sanitarie per il 51,7% del Sistema sanitario regionale, quindi di sanità pubblica. In sostanza questi signori, imprenditori della sanità privata, ci fanno sapere senza scrupoli e reticenze, di non avere la benché minima intenzione di sottoscrivere il contratto scaduto da 14 anni per la sanità privata e, da 5 anni per le residenze socio-sanitarie assistenziali, le cosiddette RSA, che tanto in questo periodo, sono state attenzionate dai mass media.

La Presidentessa di AIOP (Associazione Italiana Ospedalità Privata) arriva a dichiarare attraverso la stampa che, le strutture ospedaliere sono state tutte integrate nelle reti ospedaliere di contrasto all’emergenza sanitaria Covid-19, lamentando l’interruzione dell’attività ordinaria e l’aver dovuto garantire le prestazioni indifferibili che il servizio pubblico non riusciva a garantire. Al momento ci sono attività ancora bloccate o parzialmente riattivate. Le associazioni datoriali della sanità privata lamentano una crisi finanziaria ed economica, a causa delle risorse impegnate per fronteggiare la pandemia da Coronavirus, tale da mettere in discussione la sopravvivenza delle aziende e non soltanto il rinnovo contrattuale dei lavoratori. Per questo motivo vengono richiesti nuovi finanziamenti alle Regioni.

Oltretutto il privato si è reso disponibile alla gestione dell’emergenza sanitaria, soltanto dopo la delibera regionale di inizio marzo, nella quale si mettevano a disposizione finanziamenti per circa 50 milioni di euro; diciamo, sintetizzando, che si è attivato soltanto dietro ad un’adeguata motivazione, in questo caso economica. La situazione che si è venuta a creare è davvero oltraggiosa ed offensiva delle professionalità, delle competenze e della retribuzione delle operatrici e degli operatori della sanità privata, soprattutto in questo periodo nel quale, a causa dell’emergenza, hanno dato in termini di impegno e di competenze, il massimo delle loro possibilità. Donne e uomini che hanno allontanato i loro affetti più cari, per evitare il loro contagio, che hanno affrontato turni massacranti di oltre dodici ore al giorno, che si sono pure contagiati e malati, alcuni anche gravemente e, purtroppo a qualche collega non si è riusciti nemmeno a dare l’ultimo dignitoso saluto.

Molti gli accordi di accesso al Fondo di Integrazione Salariale sottoscritti nelle aziende sanitarie e socio-sanitarie del privato. La busta paga dei nostri operatori-eroi si è ulteriormente impoverita dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali. I riconoscimenti di infortunio, dovuti al contagio da SARS Cov-2 degli operatori è stato a dir poco ostacolato con tutti i mezzi. Lavoratrici e lavoratori derisi per l’utilizzo delle mascherine e dei dispositivi di protezione individuali perché allarmavano l’utenza e ledevano l’immagine aziendale; costretti poi a lavorare anche senza protezioni per la loro mancata reperibilità. A questo punto non resta altro da fare, oltre alla proclamazione dello stato di agitazione e a uno sciopero nazionale indetto per il 18 giugno, chiedersi tutti, cittadino compreso, oltre alle parti sociali e ai nostri amministratori regionali e centrali, se questa è la Sanità che vogliamo. Un diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione che viene bistrattato e infangato da imprenditori avidi, sfacciati e impietosi.

Come è possibile approfittare di un’emergenza sanitaria per battere cassa? Servirà riflettere sul rapporto tra sanità pubblica e sanità privata in Italia: un rapporto sempre più sbilanciato  – soprattutto nel contesto emergenziale vissuto in questi mesi – trainato dal pubblico con risorse sempre più risicate. Il sistema sanitario è sempre meno pubblico; che si speculi sulla nostra salute non è ideologia, ma pura verità. Se non saremo capaci di fermare chi tenta di distorcere il sistema a proprio favore ci troveremo anche domani nella stessa situazione di oggi e di ieri. Il 75% del bilancio regionale riguarda la sanità. Attualmente il principio di sussidiarietà solidale, ispiratore della legge regionale n. 31/1997 che determina il partenariato pubblico-privato, sta venendo meno. Il settore privato ormai entrato prepotentemente nel sistema sanitario regionale sta riservando per sé i settori più remunerativi della sanità e dell’assistenza, lasciando al settore pubblico i settori meno redditizi e più dispendiosi.

I controlli regionali sulle strutture private sono ridotti e molti dei servizi vengono esternalizzati. È quindi giunto il momento che ognuno si assuma le proprie responsabilità e che ci si impegni a rivedere il Sistema Sanitario Regionale e Nazionale; che così non vada bene, è sotto gli occhi di tutti. Ultimo episodio da brividi nella nostra regione è l’affaire test sierologici e tamponi eseguiti solo privatamente. Ringraziamo gli “eroi” e gli “angeli”, li ringraziamo tantissimo, ma non possiamo pensare che se “tutto andrà bene” non sia soltanto per il loro senso del dovere, di responsabilità, la loro professionalità e la loro competenza. Ci aspetta un periodo di rinnovamento oltre che di rilancio; se partissimo dal diritto alla salute? Se non ora quando?
Katia Dezio (Segreteria Fp Bergamo)

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