Aldo Moro: il ricordo di Annamaria Furlan

Caro Direttore, ero molto giovane quando quarant’anni fa, il 9 maggio del 1978, fu ritrovato a Roma il corpo martoriato di Aldo Aldo, dopo cinquantacinque drammatici giorni di sequestro. Ricordo la reazione commossa che ci fu nella mia città a Genova ed in tante altre città italiane, l’unità di tutte le forze democratiche ed il ruolo centrale che ebbe il sindacato nei luoghi di lavoro e nella società contro la sfida del terrorismo portata al cuore delle istituzioni.

 

L’assassinio terribile di Moro fu la spinta per l’impegno civile e sociale di tanti giovani della mia generazione. Ecco perché non bisogna mai dimenticare e fare tesoro della “lezione” politica e sociale di quegli anni difficili e complessi della storia del nostro paese. Aldo Moro era uno statista stimato da tutti, un giurista illuminato, che aveva compreso con una stupefacente lucidità già a metà degli anni Settanta, il pericolo della crisi di sistema, l’alchimia delle formule, il fossato che stava allontanando i cittadini dalle istituzioni.

Nel corso della sua vita si era battuto per l’affermazione della democrazia, per uno sviluppo industriale equilibrato, per la riforma della scuola e del sistema fiscale. Tante sono le leggi moderne frutto della sua anima sociale ispirata da Giuseppe Dossetti. Era un convinto sostenitore della pace in Medio Oriente e della costruzione di un’Europa della solidarietà e della giustizia sociale. Ma, soprattutto, era un uomo che confidava nel dialogo costante tra le forze politiche e le parti sociali per affrontare i problemi del paese, vicino alle ragioni dei più deboli ed interprete dei grandi valori del cattolicesimo sociale e della tradizione popolare. Moro era convinto che bisognasse superare gli steccati della ‘guerra fredda’ e far convergere su una comune linea programmatica tutte le forze politiche e sociali riformiste, pur mantenendo una sostanziale coerenza con le rispettive e differenti culture.

Le Brigate Rosse lo uccisero proprio per questa sua visione responsabile ed inclusiva della politica che puntava, anche con il necessario “compromesso”, a risolvere i problemi della gente. Lo statista democristiano aveva compreso con una stupefacente lucidità già a metà degli anni settanta, il pericolo della crisi di sistema, l’alchimia delle formule, il fossato che stava allontanando i cittadini dalle istituzioni. Ecco perché oggi, a quaranta anni dall’omicidio, le sue scelte, i suoi scritti ed i suoi ammonimenti appaiono quasi profetici nella attuale crisi istituzionale, in cui i partiti appaiono incapaci di dare una prospettiva di Governo al paese ed i vecchi canali di mediazione sono stati soppiantati dalla Rete e da una visione populistica della politica che vuole fare a meno dei corpi intermedi. È davvero straordinaria la contemporaneità del pensiero di Moro che oggi sarebbe utilissimo per superare le insicurezze del nostro paese dal punto di vista sociale, economico, culturale, per ritrovare la fiducia nei giovani e nella funzione educativa e sociale della scuola.

Nessuno più di Moro ha incarnato il modello di un politico ‘formatore’ delle nuove generazioni, convinto che la scuola, l’università, la ricerca fossero lo strumento per la riduzione delle diseguaglianze sociali, per dare una opportunità di riscatto a tutti gli esclusi, per costruire una classe dirigente all’altezza della sfida del paese. Per questo oggi sarebbe necessario superare le divisioni e ripartire da questi valori, mettendo al centro il lavoro dei giovani, la lotta alla povertà, una riforma fiscale equa, una politica economica differenziata per il Sud, il bisogno di investimenti produttivi in infrastrutture materiali ed immateriali. Questa dovrebbe essere oggi l’agenda comune della politica: mettere al centro gli interessi generali del paese, rispondendo all’ultimo appello alla responsabilità del Presidente della Repubblica Mattarella che ha fatto presente in maniera ineccepibile sul piano istituzionale i rischi che il nostro paese corre a causa della prolungata fase di ingovernabilità.

La nascita di un Governo neutrale e di servizio è oggi l’unica strada possibile per affrontare le scadenze legislative, finanziarie e sociali, mettendo al riparo il paese e la vita dei cittadini italiani dal pericolo di una possibile fase recessiva o di manovre speculative che avrebbero conseguenze nefaste sui conti pubblici. Bisognerebbe assumere come modello il senso di responsabilità, il rigore morale, la concretezza, di Aldo Moro, in una stagione in cui abbiamo più che mai bisogno del massimo di unità nazionale e di coesione sociale per non sciupare i segnali di ripresa economica ed affrontare con autorevolezza i problemi cronici del nostro paese.

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