Combattere la violenza sulle donne

La segretaria generale della Cisl nazionale, Annamaria Furlan, scrive una lettera al Direttore del settimanale Famiglia Cristiana in occasione della giornata contro la violenza sulle donne: «Non basta dire che non ci sono fondi, servono azioni concrete da parte di tutti: parrocchie, istituzioni, sindacati, media e società civile. Anche il mondo del lavoro deve fare la sua parte nella lotta al caporalato e per tutelare i diritti delle lavoratrici»

 

Caro Direttore,
di fronte ai continui episodi di violenza contro le donne non basta più indignarsi o chiedere pene più severe contro chi si macchia di questi orrendi crimini. Discriminazioni, autoritarismo, violenza e odio nei confronti delle donne non sono il passato, ma dominano il nostro presente e fanno regredire la nostra democrazia. Secondo l’Istat i ricatti sessuali sul lavoro sono un’ orribile realtà anche nel nostro Paese. Colpiscono tantissime donne, più di un milione li ha subiti nel corso della vita, quando cercavano lavoro, quando volevano fare carriera o semplicemente svolgevano la propria attività. Ma questa è solo la punta di un iceberg. Sono più di sette milioni le donne italiane che nel corso della propria vita hanno subito una forma di violenza o di abuso sessuale. Parliamo di quattromila casi ogni anno tra stupri e tentati stupri, una media di undici al giorno. Sono numeri impressionanti.

Ecco perché quest’anno il 25 novembre, la Giornata mondiale contro la violenza alle donne, non deve essere solo un momento di denuncia ma l’auspicio di un’ alleanza vera contro l’omertà di genere tra le istituzioni, la società civile, le associazioni cattoliche e laiche, la scuola, le parrocchie, il mondo dell’ informazione.

La strada verso la libertà da ogni sopruso e violenza resta l’atto primario della denuncia. Dobbiamo dare tutti un taglio al silenzio. Questa è la battaglia comune che bisogna portare avanti per far rispettare la donna in tutti i contesti: sociali, lavorativi e familiari. In questo modo si potrà contare pienamente su protezione, assistenza ed un concreto reinserimento socio-lavorativo. Spetta anche al sindacato far sì che la violenza non resti nascosta, continuando e rafforzando la nostra opera quotidiana per un cambiamento culturale che metta al centro la tutela della persona a partire proprio dai luoghi di lavoro, perché una società più consapevole dei suoi problemi è già a metà strada rispetto alla loro soluzione. Non basta denunciare che servono più soldi per finanziarie i centri anti- violenza o le case famiglia che sono l’unico rifugio sicuro per le donne sole e minacciate da uomini aggressivi.

I sindacati devono ottenere migliori condizioni per le donne lavoratrici. Non basta dire che bisogna incrementare i progetti per le scuole dove maschi e femmine devono essere educati al rispetto reciproco. Occorre agire tutti insieme. Le donne, tutte le donne senza distinzione di età, condizione sociale, etnia o religione, hanno oggi paura e sono stanche delle promesse. Bisogna lavorare di più sull’integrazione, diffondere una cultura delle regole.

Ecco perché il Parlamento deve correggere presto la norma sulla “monetizzazione” del reato di stalking che è una vera assurdità. Non bisogna avere tentennamenti nei confronti di chi maltratta e umilia tante donne come avviene ancora nelle campagne del nostro Sud a tante braccianti, italiane e straniere, vittime del capolarato, costrette a lavorare spesso in condizioni disumane. E dobbiamo dire davvero basta con la schiavitù di tante ragazzine stuprate e costrette a prostituirsi sotto le nostre case e lungo le arterie delle nostre città nell’ indifferenza delle istituzioni. Anche questa violenza è una forma incivile di sfruttamento della peggior specie.

Così come sono utilissimi i nuclei specializzati di polizia e carabinieri che sanno affrontare nella giusta maniera le indagini, occupandosi anche di aiutare le donne a prendere le iniziative adeguate a proteggere se stesse e i propri figli da chi è capace di trasformarsi in un aguzzino.

È giusto anche prevedere negli ospedali un “codice rosa” che aiuti le donne a sentirsi a proprio agio raccontando la verità su quelle ecchimosi e ferite che invece spesso dicono essere il risultato di una caduta dalle scale o un incidente domestico. Sono tutte cose utili. Praticabili. I mass media, la televisione pubblica e privata, tutte le espressioni sociali e culturali possono svolgere un ruolo fondamentale. Ed anche il mondo del lavoro deve scendere in campo e fare la sua parte, contrattando come stanno facendo tante nostre categorie, migliori condizioni per le donne lavoratrici, per il sostegno alla maternità e al lavoro di cura, i centri di ascolto, gli asili nido, l’assistenza sanitaria integrativa, perché spesso la violenza si annida anche nelle frustrazioni dei luoghi di lavoro, nel divario di genere sempre più presente, dove le discriminazioni, il mobbing ed il sessismo sono spesso l’anticamera di fenomeni molto gravi.

È vero: mancano i fondi. Ma manca soprattutto la volontà politica di affrontare in maniera concreta un fenomeno che sta diventando, ripeto, una vera emergenza . È una battaglia che deve vederci tutti uniti, uomini e donne, per una causa che è il fondamento stesso della nostra società libera e democratica.


Annamaria Furlan, Segretaria generale Cisl

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