Promat, nell’integrativo entra anche il microcredito

Che il welfare sia ormai una presenza stabile nei contratti integrativi aziendali è noto. Ma, in almeno due intese raggiunte nella nostra provincia, si può dire che ha compiuto un passo in più, nell’ottica di rispondere a situazioni particolari dei propri dipendenti.

I casi Promat e Tino Sana

Parliamo della Promat di Filago e della Tino Sana di Almenno San Bartolomeo. Nella prima, azienda che produce pannelli di calcio silicato destinati alle protezioni dal fuoco e dalle alte temperature per i settori dell’industria e dell’edilizia, si è introdotto il contributo di solidarietà o microcredito. Funziona così: per evitare che il dipendente che necessita di un prestito si rivolga a società finanziarie, sindacato e azienda hanno pensato alla costituzione di un fondo in cui i lavoratori – ovviamente su base volontaria – possono versare il valore di due ore di permessi individuali a cui la società aggiunge una quota paritetica. «L’idea – spiegano da Promat, che ha un organico di circa 60 addetti – è che, detto che devono essere ancora definite le modalità di funzionamento del fondo, si vadano ad erogare importi intorno ai 2 mila euro a richiesta». Anche per la restituzione della cifra sono in fase di definizione regole che vadano comunque incontro ai dipendenti e in caso di applicazione del tasso di interesse, al termine della disanima fiscale, si valuterà il più basso possibile, se non pari a zero. Inoltre, con questo integrativo l’azienda allargherà anche ai figli dei lavoratori aderenti al fondo sanitario la copertura dei rimborsi delle spese mediche. Il premio di risultato, invece, mediamente ammonta a 500 euro l’anno, tenendo conto di parametri come la qualità, la sicurezza e i tempi di produzione.

Evoluzione del contratto di secondo livello

«Sia alla Tino Sana che alla Promat il contratto di secondo livello, oltre che guardare ai risultati economici, mette in campo alcune forme innovative rispetto al welfare per creare dei fondi di solidarietà tra lavoratori», dice Silver Facchinetti della Filca-Cisl. «Diversi dipendenti utilizzavano il meccanismo della cessione del quinto, mentre noi abbiamo pensato di attivare il microcredito che è una sorta di soluzione solidaristica tra lavoratori – aggiunge Marco Bonetti della Fillea-Cgil -. Per noi è importante, perché implica anche che il Tfr maturato non sia utilizzato come garanzia per le finanziarie, ma destinato al suo vero scopo che è quello della previdenza complementare al fine pensionistico». Alla Tino Sana, invece, fa capolino nell’integrativo la «banca etica». Con l’obiettivo di andare incontro ai dipendenti che necessitano di usufruire di permessi non retribuiti per gravi motivi familiari. Per non lasciare senza trattamento economico chi ricorre a questi permessi, le parti hanno concordato che i lavoratori – su base volontaria – accantonino in un fondo il valore di ore di Rol (Recupero orario di lavoro) e l’azienda vi aggiunga un pari importo netto. «Con l’intenzione – dicono dalla Tino Sana, specializzata in lavorazioni in legno e arredi per hotel e navi da crociera, che conta oltre 150 dipendenti – di mettere a disposizione almeno 500 euro netti al mese». Altra misura messa in campo è quella dell’integrazione dei redditi più bassi. Per fare in modo che chi ha una busta paga mensile inferiore a 1.800 euro, raggiunga questo importo, l’azienda stanzia un contributo fino ad un massimo di 70 euro in base ai carichi familiari di ciascun dipendente interessato. «Inoltre – aggiunge Silver Facchinetti – è stata estesa la sanità integrativa con la possibilità di avere una polizza assicurativa sulla non autosufficienza, offrendo più opzioni al lavoratore all’interno del welfare integrativo». (Francesca Belotti – L’Eco di Bergamo del 3 novembre 2016)

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