Report Istat sulla povertà in Italia

Le stime diffuse in questo report sono riferite a due distinte misure della povertà: assoluta e relativa, che sono elaborate utilizzando due diverse definizioni e metodologie basate sui dati dell’indagine sulle spese per consumi delle famiglie (cfr. Glossario).

Nel 2015 si stima che le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 milione e 582 mila e gli individui a 4 milioni e 598 mila (il numero più alto dal 2005 a oggi).

L’incidenza della povertà assoluta si mantiene sostanzialmente stabile sui livelli stimati negli ultimi tre anni per le famiglie, con variazioni annuali statisticamente non significative (6,1% delle famiglie residenti nel 2015, 5,7% nel 2014, 6,3% nel 2013); cresce invece se misurata in termini di persone (7,6% della popolazione residente nel 2015, 6,8% nel 2014 e 7,3% nel 2013).

Questo andamento nel corso dell’ultimo anno si deve principalmente all’aumento della condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5%), soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose.

L’incidenza della povertà assoluta aumenta al Nord sia in termini di famiglie (da 4,2 del 2014 a 5,0%) sia di persone (da 5,7 a 6,7%) soprattutto per l’ampliarsi del fenomeno tra le famiglie di soli stranieri (da 24,0 a 32,1%).

Segnali di peggioramento si registrano anche tra le famiglie che risiedono nei comuni centro di area metropolitana (l’incidenza aumenta da 5,3 del 2014 a 7,2%) e tra quelle con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni di età (da 6,0 a 7,5%).

L’incidenza di povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento (il valore minimo, 4,0%, tra le famiglie con persona di riferimento ultrasessantaquattrenne) e del suo titolo di studio (se è almeno diplomata l’incidenza è poco più di un terzo di quella rilevata per chi ha al massimo la licenza elementare).

Si amplia l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata (da 5,2 del 2014 a 6,1%), in particolare se operaio (da 9,7 a 11,7%). Rimane contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,9%) e ritirata dal lavoro (3,8%).


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La dichiarazione di Maurizio Bernava, Segretario Confederale della Cisl

Crescita ed inclusione sociale, è questo il binomio su cui Governo, Parlamento, forze sociali, istituzioni, enti locali, Regioni devono puntare uniti per vincere contro il fenomeno dilagante della povertà e dell’impoverimento. Per frenare l’ aumento di questi effetti sociali devastanti che rischiano di diventare strutturali per il paese, bisogna cambiare politiche di welfare. I dati Istat diventino un monito, una sollecitazione forte: il paese ha bisogno di ritrovarsi unito, di dialogare, di fare scelte strategiche mirate su due fronti: quello della crescita, della competitività, della produttività e degli investimenti e quello del sostegno e dell’ inclusione di chi è in condizioni di indigenza.

E’ necessario, dunque, introdurre per le famiglie che non riescono ad avere un livello di vita dignitoso uno strumento di sostegno al reddito universale e su scala nazionale che sia accompagnato da percorsi di inclusione socio-lavorativa per i beneficiari. Paradossalmente, infatti, aumenta la povertà ma aumentano anche i costi: il welfare va quindi ripensato, riorganizzato e ristrutturato. Ci vuole un welfare pubblico che abbia diverse priorità e che faccia della inclusione sociale una costante. Su questo aspetto la Cisl chiede al paese di agire unito, di dialogare, di evitare conflitti e risse che aumentano solo la disuguaglianza ed il divario sociale.

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