28 aprile 2016: Giornata Mondiale sulla Sicurezza

Il 28 aprile 2016 si celebra la giornata mondiale della sicurezza, promossa da ILO Organizzazione Internazionale del Lavoro, il cui tema quest’anno è la lotta alle sostanze cancerogene, contro la diffusione dei tumori professionali e per sollecitare una rapida approvazione del Piano Nazionale Amianto.

Il numero degli incidenti mortali sul lavoro, si conferma come una dato significativo e ancora preoccupante, nonostante tutti gli sforzi che si sono messi in campo sia a livello normativo che in quello legato all’obbligo formativo di tutti i lavoratori. Anche il continuo attestarsi in giurisprudenza della responsabilità penale del datore di lavoro che determina pesanti conseguenze anche sul piano economico e sociale per l’azienda stessa, sembra non riuscire a fermare questo enorme problema che incombe sulla nostra società civile.

Il dato registrato nei primi mesi del 2016 in Lombardia, pone in rilievo che ci sono meno denunce di infortuni sul lavoro (14924 nel 2016 su 15194 nel 2015 nel periodo gennaio/febbraio) e diminuiscono anche le morti a causa di lavoro, (7 rispetto ai 10 del 2015 tra gennaio/marzo). I precedenti dati devono ricordare a tutti, Istituzioni, Associazioni Datoriali, Organizzazioni sindacali e a coloro che sono impegnati nella difesa dei diritti di chi lavora, che, nonostante tutti gli sforzi messi in campo, c’è ancora molta strada da fare a proposito di cultura della prevenzione, della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Condizioni generali che permetterebbero di ridimensionare la tragedia degli infortuni, delle morti e delle malattie professionali sul lavoro.

Sono in aumento le denunce di malattie professionale, sia in numero che in tipologia, anche con l’insorgenza di nuove patologie, frutto anche del tempi di latenza e delle difficoltà a correlarle ad una causa di tipo lavorativo. E’ necessario proseguire a rafforzare l’emersione delle tecnopatie ai fini dell’accertamento e riconoscimento delle malattie professionali. Stante il quadro possiamo rilevare come, vi sia un’evoluzione sul piano epidemiologico, quale ad esempio una maggior incidenza delle patologie muscolo scheletriche da postura, movimenti e carico e sempre più da agenti.

Sul fronte infortunistico, vi sono settori produttivi che presentano ancora un forte tasso di rischio e dove la prevenzione non si dimostra adeguata. La testimonianza è data dall’analisi oggettiva dei dati messi a disposizione da Regione Lombardia e INAIL. In particolare ci si riferisce all’industria, alle costruzioni e all’agricoltura. Infatti nel 2015, in questi 3 ambiti produttivi, si concentrano ben 38 dei 44 decessi rilevati da Regione Lombardia tramite i servizi territoriali (16 industria, 12 costruzioni e 10 agricoltura).

Così come i settori produttivi, anche alcune province del territorio lombardo mettono in evidenza un tasso alto di infortuni mortali, è il caso di Brescia con i suoi 12 morti sul lavoro, a cui fa da contrappeso Lecco, che nel 2015 non ha fatto registrare nessun caso di decesso in occasione di lavoro. Come accennato, in termini generali, gli infortuni mortali in provincia di Brescia si riconducono ai settori dell’industria (14) dell’agricoltura (8) e dell’edilizia (6), ambiti produttivi “non nuovi”, a dimostrazione che la lunga storia di tali settori tradizionali non è determinante come cultura della sicurezza. Per fare prevenzione l’esperienza non è sufficiente, ma servono anche formazione, organizzazione del lavoro e politiche di conciliazione dei tempi di lavoro.

Anche nel 2015 si evidenzia una netta prevalenza di lavoratori di sesso maschile rispetto alle donne, a cui è occorso un infortunio mortale (41 uomini e 3 donne). Questo dato, peraltro confermato in serie storiche di anni precedenti, porta a considerare che vi è ancora una certa consistenza di segregazione orizzontale dei ruoli lavorativi e che vi è anche una percezione diversa del rischio tra i due generi.

Nelle cause che hanno fatto scaturire gli eventi mortali, purtroppo, la maglia nera è di gran lunga quella legata alla caduta dall’alto dell’operatore e questo, con tutte le altre cause che necessitano di puntuale verifica ed approfondimento, ci deve far riflettere sulla necessità di potenziare l’informazione, la formazione e l’addestramento di tutti coloro che svolgono attività con la presenza di questo sostanziale pericolo.

Dall’analisi dell’età anagrafica delle vittime di infortuni mortali, emerge inoltre che in 16 casi (sui 44 totali) avevano più di 61 anni di età, di cui 5 con oltre 71 anni. Se ne deduce come sia necessario avere una visione di prospettiva nella promozione e tutela della sicurezza a fronte del progressivo invecchiamento dei lavoratori.

Come in altri casi abbiamo sottolineato , oltre ad un sempre maggiore coinvolgimento dei Lavoratori tramite i loro rappresentanti (RLS/RLST), occorre riproporre una campagna di sensibilizzazione efficace e cercare risorse per finanziare interventi finalizzati, almeno, nei settori più colpiti a combattere il fenomeno infortunistico e il pericoloso incremento delle malattie professionali. Per fare ciò in primo luogo si sollecita l’impegno dell’Assessorato al Welfare, per una verifica dello stato di attuazione del piano quinquennale regionale su salute e sicurezza 2014-2018 ,a due anni dalla sua approvazione, ed un necessario confronto tra le parti sociali sulla sua corretta e puntuale applicazione.

Su un altro versante, ma non meno importante, c’è tutto l’ambito riguardante l’amianto. In Regione c’è un’emergenza che consiste in circa 1/3 della presenza totale di amianto in Italia. Solo di coperture in cemento-amianto si stimano circa 3 milioni di metri cubi, a cui vanno aggiunti i quantitativi relativi ad altri manufatti (m. isolanti, condutture, refrattari vari). Il problema amianto non è solo una questione che riguarda i lavoratori ex esposti, ma tutta la popolazione.

Edifici pubblici (scuole in particolare) e privati, condotte d’acqua, aree dismesse abbandonate che producono fibre di amianto per tutti. Il Ministero della Sanità prevede un picco di patologie tra il 2015 e il 2020. In Lombardia abbiamo Broni (PV) sito considerato come uno di quelli dove il rischio è più elevato. Poi vi sono tutte le aree dismesse degli insediamenti industriali (Falck, Breda, M. Marelli, Pirelli, Polo chimico Mantova, ex siti produttivi del bresciano…). Il totale dei siti contaminati da amianto in Lombardia è di 86. Ogni anno in Italia si registrano 1.000 casi di tumori polmonari correlati all’amianto, senza considerare il mesotelioma ed altre patologie, se si fanno le debite proporzioni è facile presumere il numero di persone toccate dal problema amianto (Lombardia circa 300 casi).

Manca però un vero e proprio censimento, se si escludono le coperture, per le quali c’è una mappatura ancora non completa. Altro aspetto rilevante, a proposito di amianto, riguarda le discariche. Tra quelle messe sotto sequestro e quelle mancanti, in Lombardia non ci sono sufficienti discariche pronte per il conferimento dei materiali contenenti amianto. Al momento il grosso del materiale derivante dalle bonifiche va in Germania,(che però sta esaurendo la capienza).

Il sindacato confederale in Lombardia ha da tempo avanzato proposte concrete per supportare e migliorare gli interventi a tutela dei cittadini e di bonifica delle aree. Tante e in diverse direzioni: nuova sorveglianza sanitaria, riassetto legislativo regionale, informazione e formazione di soggetti intermedi e della popolazione, sostegno alla ricerca scientifica, costituzione di una Cabina di regia regionale: RL, Comuni, ARPA, ANCI, ASL, INAIL, UNIVERSITA’, CENTRI di RICERCA, Parti sociali, Associazioni, al fine di promuovere lo sviluppo di una programmazione di tutti gli ambiti di intervento. Inoltre è stato evidenziato che oltre a dare risposta ad una emergenza sanitaria, un intervento programmato può facilmente inserirsi nella filiera della green economy (rimozione-energia fotovoltaica), producendo benefici sia per l’occupazione che per l’ambiente. Ma tutto ciò fino ad ora è stato completamente ignorato. Anche su questo versante sollecitiamo l’Assessorato all’ambiente a convocare un tavolo con la presenza di tutti i soggetti coinvolti.

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