Rifugiati a Bergamo e ospitalità diffusa

La grande emergenza, o almeno quella che ritenevamo tale, è passata. Non ci sono più blocchi per le strade; nessun comizio belligerante contro ogni tipo di accoglienza; il dibattito politico è già scivolato altrove… mentre migliaia di persone bussano ancora alle porte di molti paesi europei, che fanno finta di non sentire né di vedere.

In terra bergamasca, intanto, si è stabilizzata una situazione di accoglienza in gran parte gestita dal volontariato cattolico, coordinato dalla Diocesi, che ospita all’incirca 1300 persone in una trentina di strutture e “governata” da cinque cooperative, oltre agli spazi direttamente gestiti dallo SPRAR del Comune, nei quali risiedono 38 rifugiati.

Ma la vera emergenza, cioè quella di gestire senza emergenza una situazione sociale umana è ancora viva”, dice Mimma Pelleriti, titolare per la segreteria del sindacato Cisl Bergamo delle Politiche per la Marginalità sociale e le integrazioni migratorie.

E allora, facciamo i conti senza farci sopraffare dall’emergenza. In provincia, la prefettura “gestisce” 1309 rifugiati.  A oggi, 1006 risultano richiedenti asilo, mentre le persone transitate in totale in provincia di Bergamo nell’ambito del progetto di accoglienza dal marzo dell’anno scorso a Novembre 2015 sono 2398. Tra i richiedenti asilo ci sono 7 donne e 999 uomini. L’ospitalità è gestita per la maggior parte da strutture cattoliche, e da 3 coop sociali

Non esiste una rete di accoglienza laica. Gli albergatori o cittadini, secondo indicazioni della Prefettura, devono comunque appoggiarsi a enti del terzo settore che hanno esperienza nell’ambito della migrazione. Per quanto riguarda l’accettazione della domanda di asilo, circa un terzo di coloro che sono andati in commissione hanno ottenuto risposta positiva.

E adesso spunta la proposta dell’ “uno ogni mille”, ovvero un rifugiato ogni mille abitanti. È questo il contenuto dell’accordo proposto dal Coordinamento degli enti locali per la pace ai sindaci bergamaschi. Una proposta che sta scatenando un putiferio.

Il Coordinamento, presieduto dalla presidentessa del consiglio comunale di Bergamo Marzia Marchesi, ha chiesto ai sindaci interessati di partecipare alla firma della cosiddetta “accoglienza diffusa” martedì 17 novembre, nella sede della Provincia di Bergamo.

La chiamano accoglienza diffusa, ma sono soltanto 25 i Comuni bergamaschi dove si trovano gruppi di richiedenti asilo, “alla faccia dellidea diinvasioneprocurata da certi media da tanta politica”. La pura matematica, al netto dalla politica e dalle sensibilità, dalle disponibilità concrete, dice che, se tutti aderissero, i profughi attuali potrebbero davvero essere distribuiti in pochi alla volta, con impatto minore, alleggerendo strutture troppo cariche. 

Lemergenza di oggi, quindi, è politica: chi si deve far carico dellaccoglienza?”. Mimma Pelleriti lancia una proposta neanche tanto polemica: in città sono almeno 200 gli appartamenti sfitti di proprietà di privati che il Comune potrebbe coinvolgere in un’operazione di accoglienza, dietro il pagamento di canoni  al prezzo giusto (ricordiamo che le strutture di accoglienza, per ogni profugo, ottengono 35 € al giorno, e potrebbero essere le stesse strutture a farsi carico dell’affitto). Una situazione che potrebbe riproporsi tranquillamente anche in provincia.

“La realtà ci chiede di entrare nell’ordine di pensiero che questa  non è un’emergenza passeggera. Dobbiamo passare alla creazione di un sistema ordinario dell’accoglienza, stabile nella governance delle istituzioni pubbliche e delle associazioni, e per farlo senza che ogni volta si scatenino polemiche che hanno il forte retrogusto delle speculazioni elettorali, occorre creare un clima culturale diverso. Partire dalla popolazione che vogliamo e  che deve essere coinvolta, per creare le condizioni utili a far sì che un’operazione come questa si trasformi in vera e utile integrazione, sennò assisteremo ancora alle opposizioni di interi quartieri all’assegnazione di case popolari (90 alloggi pronti che non si riesce ad assegnare) come succede in Malpensata, o il ritorno ai blocchi stradali come avvenuto in Val Seriana”.

La nostra Provincia ha già una esperienza di accoglienza più che diffusa, e per la  maggior parte clandestina: le assistenti familiari. Certo – conclude Pelleriti -: le famiglie bergamasche partono da un loro bisogno; hanno un controllo diretto sulla persona e sono soprattutto donne a svolgere questo lavoro di cura. Ma parliamo sempre di persone che arrivano e vengono utilizzate anche senza permesso di soggiorno. Questo fa molto interrogare su come la società civile vive il rapporto con lo straniero”.


 

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